Misteri italiani e vaticani

Gianluigi Nuzzi, autore di Vaticano Spa (Chiarelettere) racconta come partendo dalle carte custodite nell’archivio segreto reso pubblico dopo la morte di Monsignor Dardozzi, un alto prelato Vaticano molto vicino al pontefice, si siano potuti ricostruire alcuni dei rapporti segreti tra politica e Vaticano.
Allo IOR era stato aperto un conto intestato a un cardinale amico di Marcinkus con tasso d’interesse del 9% e firma autorizzata a Giulio Andreotti sul quale era transitata una cifra pari a 60 milioni di euro di oggi.
Tramite la sua segretaria signora Enea disse che non ricordava di avere avuto un conto allo IOR, forse perché su quel conto transitò anche una parte della maxi tangente Enimont. Andreotti rimase fuori da qualsiasi inchiesta, dalle carte di Dardozzi risulta che la maxi tangente fu il doppio di quanto risultava ai magistrati di Mani Pulite. Gli stessi magistrati di allora riconoscono che il Vaticano aveva depistato le loro indagini. Il suo nome in codice era “Omissis”, estremamente evocativo di com’era l’Italia di quegli anni in cui si parlava di lui come possibile futuro capo dello Stato.

“ La Santa Sede ha avuto un mutamento nell’atteggiamento, inizialmente avevo contattato Caloia, un alto esponente dello IOR per informarli che chiedevo che ci fosse un interlocutore della Chiesa alle presentazioni. Impallidì, era in maggio, a settembre si dimise. Inizialmente ci fu silenzio poi il Cardinal Bagnasco disse che il libro permetteva di ristrutturare enti che fanno più ombra che luce. Caloia si dimise subito dopo. Fu siglato un accordo con cui il Vaticano che recepiva tutta la normativa europea antiriciclaggio, ora lo IOR non è più banca offshore. L’ultimo cambiamento è che il cardinal Bertoni ha azzerato la posizione di De Bonis, il contabile dello IOR. Il libro non è stato messo all’indice, ma è stato fin dall’inizio ignorato e è stato fatto di tutto perché non andasse sui circuiti televisivi. La gente vuole sapere, con il passaparola sono state vendute circa 200’000 copie. Non sto da nessuna parte, solo da quella della notizia. Sto preparando un altro libro non posso anticipare niente, userò ancora il metodo della cronaca ho scelto un argomento che potesse garantirmi lo stesso metodo di stesura”.

Parte dei documenti si possono consultare gratuitamente sul sito www.chiarelettere.it

Simona Mammano e Antonella Beccaria spiegano perché nel loro Attentato Imminente pubblicato per Stampa Alternativa hanno scelto di raccontare la storia di Pasquale Juliano, il comandante della squadra mobile di Padova che nel 1969 tentò di bloccare la cellula neofascista veneta.

“Volevamo ricostruire la sua vicenda sia attraverso i documenti processuali che parlando con la famiglia per evidenziarne il lato umano. Lo avevamo conosciuto attraverso i libi di Marco Nozza, era stato rimosso dal lavoro nella maniera peggiore, indagato e assolto dopo un lunghissimo processo, la sua vita personale e la famiglia rovinate. Juliano si confidava solo con la moglie, non aveva conservato documenti. Dopo il processo aveva lasciato la polizia e aperto studio legale dove tuttora lavorano i figli, che non sapevano molto del padre. Era stato chiamato in qualità di testimone per la strage di Bologna, la deposizione era stata messa online da Radio Radicale l’abbiamo ascoltato insieme ai figli che non ne conoscevano l’esistenza, è stato molto commovente.
Per la stesura ci ha aiutato il Procuratore della Repubblica di Padova, recuperando presso la Corte d’Appello di Venezia copie degli atti processuali, da lì abbiamo iniziato a ricostruire la storia che è molto complessa. Vi sono molte le stranezze nelle indagini sui gruppi eversivi veneti, la prima è che la si affidi al capo della Squadra Mobile, il Questore chiama Juliano e gli dice di non parlare con l’ufficio politico. Veniva da Novara, obbedisce ma aggancia un informatore che militava tra MSI e Ordine Nuovo, si avventura in un mondo di ideologi, di gente che si incontra in una libreria di proprietà di Giovanni Ventura che ora fa il ristoratore in Argentina. Ogni volta che parlava con i confidenti scriveva cosa si erano detti e lasciava appunti precisi. Altra stranezza che fossero state messe insieme persone indagate di diverse fazioni che di solito si dividono, il mattino seguente tutti accusarono Juliano ad eccezione di uno che fu fondamentale per scagionarlo al processo. Juliano conosceva personaggi di tutti i tipi, Freda, la sua scrivania era sempre vuota, Di Giglio, armiere del nord est entra e esce da basi americane, il generale dei servizi segreti Maletti che ora vive in Sudamerica, Massimiliano Fachini che era stato definito principe nero e aveva come amico un dipendente di Tom Ponzi, altra figura inquietante che era a Bascapè la notte in cui cadde l’aereo Enrico Mattei. Juliano va di notte nei piccoli comuni e riesce a sapere che si sta preparando qualcosa di grosso. Juliano fu abbandonato da tutti, dovette difendersi da solo, la sua morte passò quasi sotto silenzio. Ci si chiede se Juliano avrebbe potuto fermare strage di Piazza Fontana. Chissà, l’esplosivo era già arrivato, ma la sensazione è che se non fosse stato fermato forse avrebbe potuto impedirlo. La sentenza di Piazza Fontana ci dice che i responsabili sono Franco Freda e Giovanni Ventura che non possono essere più processati perché assolti in precedenza.”

ambretta sampietro

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