Ex spaccaossa per conto del ras del quartiere, un fratello morto di overdose e la compagna che è (stata) la sua psicoterapeuta, il commissario Valtorta è entrato in polizia per sconfiggere i demoni del passato. Ama il blues di John Lee Hooker, ha modi sbrigativi e, se capita, va con una dolce prostituta brasiliana. Valtorta, al netto di qualche stereotipo di genere, ha le carte in regola per diventare un personaggio seriale. E’ il protagonista di “Nel fuoco si fanno gli uomini”, primo noir – ma non primo libro – per il giovane Ivan Brentari (Piemme, 400 pagine). Bel titolo, bella copertina, il romanzo è ambientato nei bassifondi di Milano. No Duomo, no corso Napoleone: anche se il Salone del Mobile è alle porte, qui ci si aggira per lo più tra la parte più sporca della metropoli lombarda. Quella delle case popolari dove vivono gli operai in lotta contro i padroni, dei centri sociali, quella dove si nascondono gli spacciatori e dove la malavita gestisce i giri di spaccio al riparo da sguardi indiscreti. La Milano da bere, insomma, la potete trovare altrove. L’autore, dicevamo a proposito della giovane età, ha solo 31 anni: la sua scrittura è per me da affinare, ma la strada intrapresa è quella giusta. Il linguaggio, per capirci, è molto nero (Piazza Gae Aulenti: …il grattacielo dell’Unicredit – il fallo – aveva qualcosa di canzonatorio. Visibile anche da Corvetto o da Stadera, sembrava tanto un dito nel culo dei poveri cristi. Certo, idealmente. Ma pur sempre nel culo…”), e a me ricorda quello utilizzato da Alessandro Bongiorni, altro astro nascente del noir italiano. In alcuni passaggi, però, Brentari è talmente secco da far perdere il filo del discorso. Ha tutto, comunque, per migliorare. Milano è molto presente, ma non per questo è un noir per soli milanesi. Valtorta, chiamato a indagare sulla morte violenta di una squillo e sulla scomparsa di un sindacalista Fiom, è un poliziotto ironico, malinconico e poco incline al servilismo. Il suo passato è ingombrante: prima di entrare nella squadra Antidroga, passando dalle Volanti, lo chiamavano “Serpente” ed era il braccio destro di un boss. Il resto scopritelo. Se Nel fuoco si fanno gli uomini fosse una canzone suonerebbe come “Angoli di cielo” dei Tiromancino; voto 7 e mezzo.
Nel fuoco si fanno gli uomini
Alessandro Garavaldi