Peccato mortale



Carlo Lucarelli
Peccato mortale
Einaudi
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Peccato mortale. Un’indagine del commissario De Luca
Ventotto anni fa, la prima volta. Si chiamava “Carta Bianca” e aveva l’elegante vestito blu delle pubblicazioni Sellerio. Era il 1990 e per Carlo Lucarelli si trattava dell’esordio nel mondo editoriale. In “Peccato mortale” (Einaudi), torna per la quinta volta il personaggio più amato dallo scrittore bolognese: il commissario De Luca.
In quest’occasione Lucarelli ha voluto mettere in scena l’Italia tra il 25 luglio e l’8 settembre del 1943. Sono i 45 giorni che vanno dalla caduta del fascismo, con la nomina di Badoglio a capo del Governo, all’armistizio con gli alleati. Sembra tutto facile, ma dopo i primi festeggiamenti in piazza per brindare alla deposizione di Mussolini, il risveglio degli italiani – con tanto di svastiche sui muri – sarà allucinante. Qui De Luca, inciampato su un corpo senza testa, è impegnato per 248 pagine a scovare l’assassino, tra abusi, corruzione e le violenze del potere. Ma la novità rispetto ai quattro precedenti, è che l’indagine questa volta rivela anche il segreto nascosto nel passato del commissario.
E se tra gli scaffali delle librerie a farla da padrone sono i “thriller psicologici” (che poi di psicologico non hanno davvero nulla), la dote innata di Lucarelli dal 1990 a oggi resta la semplicità. Tutti i suoi romanzi, comunque frutto di ricerca accurata, non contengono trucchi, né di scrittura né di marketing. Sono veri e onesti nei confronti di noi lettori.
Per il padre del commissario De Luca, “Peccato mortale” non è un romanzo politico, ma basta leggerlo per capire che ciò che racconta rappresenta anche un modo di stare al mondo che – tanto per capirci – risulta essere assai distante da quello di Salvini.
Se fosse una canzone, “Peccato mortale” suonerebbe come “Ho visto anche degli zingari felici” di Claudio Lolli. Voto: 8.

Alessandro Garavaldi

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