Il primo giorno della tartaruga



Sirio Lubreto
Il primo giorno della tartaruga
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Issa Youssoufou è in immigrato clandestino che le peripezie della vita hanno sbattuto fra gli emarginati di Napoli, dopo un passato come trafficante di superalcolici nel Corno d’Africa, agli ordini di capitan Gennaro Abdelghani, contrabbandiere di “madre napoletana e padre egiziano”, a bordo del Forcella, “un vecchio peschereccio con più doppi fondi del baule di un prestigiatore”.
L’agente scelto Raffaele Carrone, detto Bokassa, è invece un poliziotto marcio che approfitta del suo modesto impiego all’Ufficio Stranieri della Questura napoletana per arrotondare lo stipendio con favori illegali agli immigrati, che ricambiano con piccole somme di denaro o, nel caso delle prostitute nigeriane, con prestazioni sessuali di vario genere, ma preferibilmente incentrate su quello che un entusiasta Carrone definisce “trombone” (e lascio alla fantasia dei lettori immaginare di cosa si tratti).
Logico che le loro strade siano destinate a incontrarsi, specialmente quando il nuovo dirigente dell’ufficio, Giancarlo De Sanctis, marcio quanto e più di Carrone ma soprattutto molto, molto più sveglio, decide che dovrà servirsi dell’agente per quello che considera il colpo della vita, un trasporto di droga dal centro dell’Africa sino in Germania.
Altrettanto logico che con questo incipit il romanzo sia destinato a deliziare il lettore con un caleidoscopio di avventure, spesso tanto tragiche quanto esilaranti, che coinvolgerà via via molti altri personaggi, dalla maman lesbica al naziskin sciroccato, ciascuno con una sua diversa umanità e caratterizzazione, ma tutti ugualmente, e a loro modo, empatici.
Issa e Carrone infatti non potranno rifiutarsi di prendere parte attiva alla missione, e si troveranno ben presto sballottati nel centro dell’Africa, dove dovranno prendere in consegna la merce per trasportarla sino alle coste del Mediterraneo e da lì in Germania via mare.
Da quel momento in avanti la strada sarà molto, molto in salita per i due e gli altri loro più o meno occasionali compagni di avventura, e qualcuno dovrà fermarsi, per motivi vari, lungo il tragitto.
Finale con i fuochi d’artificio, ambientato praticamente nel centro di Berlino, con tutti contro tutti come nel finale della Carovana dell’alleluia, solo che qui si muore davvero.
La narrazione per sommi capi della trama non rende assolutamente il divertimento che il romanzo sa offrire, con personaggi sfigatissimi e inadeguati (una specie di moderna armata Brancaleone) catapultati al centro di vicende tragicomiche immensamente più grandi di loro e tuttavia in grado di uscirne (quasi sempre) più o meno illesi.
Uno dei libri più intelligentemente ironici (e fra l’altro molto ben scritto) che mi sia capitato di leggere da parecchio tempo in qua, pur offrendo anche spunto per riflessioni serie su temi scottanti, come quello dei migranti e dello spietato sfruttamento di tale fenomeno.
E la tartaruga? La tartaruga c’entra, eccome!

Gian Luca Antonio Lamborizio

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