Qualcosa per cui vivere – Richard Roper



Richard Roper
Qualcosa per cui vivere
Einaudi
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La cacio e pepe, le gambe accavallate della mia donna, giocare a tennis, i figli che crescono. Ecco a cosa ho pensato dopo essermi imbattuto nella copertina di questo libro mentre girovagavo senza meta tra gli scaffali dell’unica libreria sopravvissuta all’avanzata del virus. Confesso che la cosa mi ha leggermente turbato perché speravo di essere più ordinato mentalmente e invece mi ritrovo in tasca questi sassolini così diversi tra loro ma capaci comunque, una volta disseminati lungo il tragitto, di indicarmi la strada giusta da percorrere per dare un senso a questa strana cosa chiamata vita.
Quando incontriamo Andrew, incaricato di rintracciare parenti o amici di persone passate a miglior vita senza il conforto di nessuno, gli unici sassolini a sua disposizione sono gli splendidi trenini elettrici con cui condivide l’appartamento. La sua timidezza si accolla il peso della solitudine, trasformandogli la vita in un piccolo angolo defilato tra le quinte di una Londra talmente normale da sembrare banale. 
Per accaparrarsi quello strano lavoro, Andrew ha mentito. Non l’ha fatto in maniera premeditata, si è inventato una moglie e due figli per apparire ordinario agli occhi di Cameron, il suo futuro capo. La normalità ci rende trasparenti agli occhi degli altri, il modo migliore per esserci senza mostrarsi.
È possibile vivere costantemente come un’acrobata che percorre l’esile filo della sua stessa bugia? È dannatamente difficile, soprattutto se Cameron decide improvvisamente di organizzare delle cene di famiglia tra compagni di lavoro. Ad elevare il quoziente di difficoltà ci pensa Peggy, una nuova collega con cui Andrew inizia a condividere i suoi impegni e con cui instaura un rapporto molto prossimo ad un sentimento assente da troppo tempo nella sua vita.
La storia narrata da Richard Roper ha evidenti affinità con un bel film inglese del 2013, Still Life, premiato alla Mostra di Venezia di quell’anno. Il tono è diverso: il libro mitiga il senso di desolazione che aleggia sull’intera storia (affrontato dal film, consigliatissimo, in maniera più rigorosa e smaccatamente autoriale) con un plot più leggero e dinamico, capace di strappare qualche sorriso navigando le acque sicure del mainstream letterario. VI consiglio entrambi, tanto durante queste vacanze natalizie l’unica cosa che non mancherà sarà il tempo da impegnare!

Antonio Amoruso

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