Era il 9 dicembre 1941, quando una stazione di ascolto del Servizio di Informazioni Militare (SIM) aveva captato la trasmissione di un agente inglese all’estero, diretta a Londra. Fatto curioso, il messaggio era criptato con un vecchio codice, in possesso del SIM dal 1940, e quindi in chiaro per gli italiani. L’inglese inglese annunciava “gravissime rivelazioni”, ma consapevole del rischio di essere intercettato, prima di dare particolari, chiedeva cifrari aggiornati e sicuri per rivelare uno spaventoso segreto da un territorio occupato dall’Asse.
Gli inglesi avevano risposto il 12 dicembre, usando anche loro il vecchio codice ma solo per ordinare all’agente di interrompere immediatamente le trasmissioni e cercare di superare le linee per raggiungere la più vicina legazione britannica. Ma poche ore dopo, era arrivato un nuovo messaggio dell’agente che dichiarava di non potersi muovere “nemmeno dalla zona dell’ospedale militare italiano”, e men che mai uscire dalla città, e sollecitava suggerimenti per far pervenire a Londra le gravi e importanti notizie in suo possesso. Messaggio che però era rimasto però senza risposta.
Al Comandante non risultava che il servizio segreto tedesco fosse a conoscenza di quel cifrario,
ma, evidentemente, gli inglesi temevano interferenze del nemico. Nel frattempo, i tecnici del SIM erano riusciti a localizzare la zona della trasmissione: una zona ristretta a sud di Kiev, in Ucraina, occupata prevalentemente dalle truppe dello CSIR, il Corpo di Spedizione Italiano in Russia e più precisamente Stalino, nei dintorni dell’ospedale militare italiano.
C’era solo una persona di cui il Comandante si fidava tanto da assegnargli una missione così delicata: il capitano Bruno Arcieri.
E lui che era a Firenze, dove gli orrori del conflitto sembravano lontani, anche se le leggi razziali stavano smascherando il lato più feroce del regime fascista, saprà di dover partire. Ma Arcieri è preoccupato per la sua donna, Elena Contini, ebrea, e lui, che vorrebbe proteggerla da quello Stato di cui è un fedele servitore ma del quale non condivide certe idee, sta tentando di convincerla ad accompagnarlo a Roma per trovar rifugio nel suo comodo appartamento del quartiere Prati. Elena però rinvia, almeno fino al suo ritorno. E sarà meglio, perché il Comandante ha già previsto che la prima meta di Arcieri, invece dalla capitale italiana, sarà un’ altra. Infatti, con un treno preso al volo fino a Verona e poi più di due giorni di viaggio in macchina, in aereo e infine per strada su una Fiat mimetica guidata da un aviere, Arcieri raggiungerà il comando italiano di Stalino.
Una missione sotto copertura la sua con per scopo ufficiale quello di indagare di persona per conto del SIM su presunte ruberie di materiali dell’Esercito. Al suo arrivo Arcieri, calato in un paesaggio spettrale, buio, innevato, e preda di un gelo così spaventoso da tagliare il respiro, dopo intralci burocratici, vicissitudini e un diffuso e pesante clima di terrore, che ritarderanno il suo tragitto verso la meta, riuscirà finalmente a varcare l’ingresso dell’ospedale.
Stalino infatti, governata dagli alleati tedeschi della Wermacht e dalle SS con pugno di ferro, tra feroci controlli e sanguinaria crudeltà, è in stato di allarme. Dopo la recente uccisione in un attentato di un ufficiale, che ha visto come immediata ritorsione la cattura e la barbara esecuzione di presunti partigiani locali, i blocchi ai crocevia sono triplicati e ogni piccolo sgarro punito con la morte.
L’accoglienza dei medici italiani, quasi tutti giovani e del colonnello responsabili della struttura, già al corrente della sua finta missione, sarà gelida. I furti, organizzati in partenza dall’Italia, sono impunibili perché orditi e in mano a lestofanti, mentre quelli sul posto, con tutto il corpo sanitario più o meno, forzosamente coinvolto, li rende ostili e reticenti. Le loro azioni in realtà vengono commesse solo per farcela a sopravvivere e trovare i materiali necessari all’ospedale militare. Dove manca addirittura l’indispensabile, tanto che i dottori e il personale si sono addirittura ridotti per curare i feriti, a sottrarre di nascosto i medicinali agli alleati tedeschi. E dove su di loro incombe minacciosamente il futuro arrivo dei nuovi alleati dei nazisti, i russi.
Le condizioni sanitarie della struttura sono spaventose, ai limiti della sopravvivenza, con i moribondi alloggiati in tende di fortuna. Non ci vorrà molto ad Arcieri per capire in quale inferno è capitato, un inferno dove giovanissimi sottotenenti medici, lasciati solo con le proprie paure e la propria coscienza, soccorrono senza tregua tutti coloro che hanno bisogno di aiuto. Mentre all’esterno, poco lontano e intirizziti dal gelo, si vedono i tanti corpi di militari caduti ammucchiati in attesa di sepoltura, e tra i quali si cominciano a notare anche quelli di vittime civili.
Una storia, che collocando questi medici eroi a migliaia di chilometri dalla madre patria, descrive come siano stati e come si siano comportati tanti italiani, di fronte alla desolante e triste realtà di un ospedale militare in quelle condizioni.
Attraverso il contatto con la singolare personalità del comandante del campo, colonnello Pitigrilli, disagiato e alle prese con i propri demoni, Arcieri, scoprirà che è un dichiarato nemico del regime ma molto efficace come organizzatore e generoso con le giovani donne ucraine alle quali permette di frequentare i locali dell’ospedale di notte. Ma la radiotrasmittente non si trova all’ospedale . Bisogna cercare poco lontano ma altrove e le conversazioni con Irina, la bellissima libraia, intrigante personaggio femminile, amica del colonnello, che desidera solo fuggire, e la conoscenza del vecchio padre, italiano emigrato a Stalino dalla Crimea, lo spingeranno a continuare a cercare la spia, la radiotrasmittente e il suo segreto. Una ardua indagine che lo costringerà sia a fare scelte dolorose, ma anche a pensare di andare al di là degli ordini ricevuti.
E il suo soggiorno, snodandosi sempre più pericolosamente tra intrighi, delazioni, eroismi e sparatorie, gli consentirà di scoprire anche, atterrito, moralmente scioccato e toccato di persona, gli indicibili orrori perpetrati dai nazisti nei confronti della popolazione locale e degli ebrei.
Un grande applauso a un amico, un autore sempre più in grado di darci grandi emozioni.
Il suo La libraia di Stalino rappresenta un perfetto e calibrato “romanzo di spionaggio” all’altezza dei massimi esponenti del genere, quali Eric Ambler, John Le Carré, Len Deighton e Philip Kerr…
Ma, in più di loro, Leonardo Gori ci regala un’altra intensa e toccante pennellata data al grandioso affresco della Storia italiana – rappresentato attraverso gli occhi e le gesta di Bruno Arcieri in missione nel gelo dell’inverno ucraino e costretto a scontrarsi con la peggiore disumana efferatezza – , eleggendolo a muto, incredulo e impotente testimone di una delle peggiori tragedie umane.
La libraia di Stalino – Leonardo Gori
Patrizia Debicke