Quattro sberle benedette



Andrea Vitali
Quattro sberle benedette
Garzanti
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Lettere anonime e il sospetto di uno scandalo vergognoso stanno per mettere in agitazione la vita di Bellano.
Romanzo corale e clima autunnale con pioggia per Quattro sberle benedette, il nuovo romanzo di Andrea Vitali, ambientato nel 1929, in piena era dittatoriale Mussoliniana. Ma per fortuna il fascismo, salvo l’istrionico esibizionismo di qualche montato per la ricorrenza del 4 novembre, sembra toccare ben poco la paciosa realtà di Bellano. E invece c’è maretta nella caserma dei carabinieri perché il tanto sospirato primogenito del maresciallo Ernesto Maccadò, che promette a vuoto il suo arrivo da ben sette giorni, tiene ostetrica, madre e padre in allarme. E poi? Sarà l’agognato maschio o una femmina? Figuriamoci! L’angoscioso dilemma travaglia Maccadò da mesi… Insomma il povero maresciallo viene quasi messo fuori gioco dalla nascita del primo figlio.
E non aiuta di certo la guerriglia all’ultimo sangue tra il suo vice, il brigadiere sardo Efisio Mannu e il prode appuntato Misfatti, che continuano a passare il loro tempo solo a farsi reciproci dispetti… Poi la tenenza di Lecco sollecita un’informativa sul gestore dell’Arizona, un locale di Varenna all’attracco dei battelli, ma l’Arizona è chiuso per malattia, vedi caso il morbillo che ha contagiato senza pietà a destra e a manca. Come, chi e perché? Ah, ah! Ma la pietra dello scandalo, che in questo caso si trasforma in una vera e propria sberla metaforica, è la lettera anonima con busta rosa. Dentro, un ritornello quasi sgrammaticato scritto su carta di quaderno che recita: “Il giovan crapulone – Dal lungo canapione – Monda il suo vizio intenso – Spargendolo d’incenso”.
E non sarà la sola, ben presto ne arriverà un’altra e un’altra ancora ma stavolta al prevosto… Sempre ritornelli e sempre con allusioni precise che fanno pensare che a concedersi piaceri nel casino di Lecco, sia persona che non dovrebbe.  La faccenda è delicata e, da subito, nella caserma dei carabinieri di Bellano c’è trambusto: come trattare certe “questioni spinose” che coinvolgono, a quanto pare, anche la Chiesa? Bisogna indagare? Sì certo ma quale sarebbe il reato? E chi è l’autore di quelle rime che insinuano, diffamano? Insomma di preciso, l’anonimo accusatore con chi ce l’ha? Parrebbe proprio con don Sisto Secchia, il giovane coadiutore della parrocchia arrivato misteriosamente a Bellano l’anno prima. Chiuso, malmostoso, lungo lungo, secco secco, con un naso a pioggia, è malvisto da tutto il paese, soprattutto da Mistico Lepore, presidente dei Fabbriceri, bigotto e insopportabile ex peccatore redento che tormenta il prevosto in continuazione perché lo cacci. Sarà lui? Parrebbe proprio, eppure…
Sempre divertente Vitali e la sua Bellano, immaginaria ma sempre più reale per i lettori, con le sue beghe segrete, i bonari vizi e le piccole virtù dei tanti personaggi, tra i quali devo citare per forza la straordinaria perpetua.
E poi c’è il lago, scenario e protagonista di tutte le sue storie che accompagna bonariamente alla conclusione e alla certezza che per fortuna “quattro sberle non avevano mai ammazzato nessuno”. Bentornato Vitali!

Patrizia Debicke

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