Le belve



Don Winslow
Le belve
einaudi
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Se date un’occhiata in giro per la rete, troverete che molti aficionados dello scrittore americano dopo aver letto il suo ultimo romanzo si sono sentiti un po’ “traditi”. Va bene, in totale onestà Le belve di Don Winslow non è un capolavoro, non è a livello de Il potere del cane, nè tantomeno de L’inverno di Frankie Machine e sembra il classico compitino su commissione e senza impegno. Nonostante ciò… c’è un nonostante.
Don Winslow, forte del suo rodato successo nel descrivere i cartelli della droga messicani, ritorna sul “luogo del delitto” e mette in scena una guerra tra il temibile Baja Cartel e due ragazzoni californiani, belli abbronzati, dediti alla produzione di sopraffina erba e al double bang con una biondina innamorata di loro.
Totalmente inverosimile ed esagerato, Le Belve ha tradito chi si aspettava la profondità dei personaggi, la descrizione delle logiche criminali e una certa, triste poetica di fondo. Tutto questo in effetti manca, pare piuttosto che Winslow abbia giocato a scrivere un film che avrebbe voluto vedere (non è un caso che, prima ancora della pubblicazione, l’esagitato e talentuoso Oliver Stone abbia iniziato la preproduzione dell’ominima pellicola e sia stato citato nei ringraziamenti).
Se non c’è dunque un grosso livello di approfondimento dei personaggi e una trama di rilievo, è pur vero che lo scrittore americano appare decisamente in forma, spinge sull’acceleratore della sua salacità, farcisce il tutto con un mood molto pulp e scombina anche la forma classica del romanzo: capitoli cortissimi, a volte composti da una o due frasi, variazione del registro, inserti di “scene” come fossero (o sono davvero?) estrapolazioni dalla sceneggiatura del film.
In buona sostanza Winslow si è divertito. La sua ultima fatica non è delle migliori ma la sua scrittura, unita alla leggerezza del racconto, può intrattenere e divertire anche il lettore.

Massimo Versolatto

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