L’ombra del passato – Stefano Sciacca



Stefano Sciacca
L’ombra del passato
Mimesis
Compralo su Compralo su Amazon

C’era una volta l’Italia.
Per molti anni si è pensato che il noir fosse una cosa a stelle e strisce, una sorta di ombra della torta di mele in cui l’innocenza del sistema americano veniva massacrata da investigatori e fuorilegge non molto svegli, ma abbastanza resistenti da arrivare a mostrarne l’iniquità in tutto lo squallore.
Nell’immaginario collettivo gli Usa si sono venduti come innocenti, hanno un buon ufficio di relazioni pubbliche, anche se qualche volta un presidente muore in circostanze complicate o sono coinvolti in alcuni conflitti dove libertà e democrazia sono degli specchietti per le allodole.
Pur avendo una grandissima tradizione, l’Italia degli anni ’80 a suon di ingozzarsi di popcorn è diventata esterofila. Esclusi pochissimi scrittori dissidenti, molti trovavano ridicolo ambientare trame e omicidi entro i confini del tricolore. Per fortuna in questi ultimi anni c’è stato un meraviglioso ritorno dello scrittore prodigo e, anche se alcuni bagnano ancora troppo l’estetica negli hamburger, non c’è più la vergogna di ambientare la storia a Nuoro piuttosto che in qualche angolo del Kansas. Il riferimento al meraviglioso Pietro e Paolo di Marcello Fois non è del tutto casuale, ma esistono molti altri nomi che riscoprono i (ne)fasti del nostro passato.
A questa lista vorrei aggiungere il nome di Stefano Sciacca. Con il romanzo L’ombra del passato ci riporta nella Torino dell’immediato secondo dopoguerra. Il protagonista è uno scanzonato investigatore privato innamorato del jazz più vissuto che suonato al Club Fortebraccio. La vicenda inizia con la ricerca della signora Cairo per poi ritrovarsi invischiato – suo malgrado – in torbide vicende dell’aristocrazia piemontese.
A prima vista e con una certa leggerezza, si potrebbe sostenere che L’ombra del passato è fortemente influenzato dalle pellicole dell’età dell’oro di Hollywood e dai personaggi nati tra gli anni ’30 e ’40 dalla fantasia e l’alcool di alcuni immortali scrittori hard Boiled, ma si commetterebbe un peccato di superbia e ignoranza.
In quegli anni l’Italia era una provincia degli Stati Uniti a tutti gli effetti, mangiare maccheroni e atteggiarsi “ammericano” non era e non sembrava nemmeno una contraddizione. Inoltre è giusto ricordare che anche i testi cantati da quel genio di Fred Buscaglione erano fortemente influenzati dall’opera di Damon Runyon.
A questo punto si potrebbe anche aprire un dibattito sul fatto che il linguaggio del crimine sia universale oppure il frutto di una omologazione perpetrata dalla fabbrica dei sogni di Los Angeles.
Meglio non perdere tempo a spaccare il capello in quattro, mi limito a consigliarvi una buona lettura che – oltre all’intrattenimento vero e proprio – offre spunti di riflessioni profondi.
Buona lettura e lasciatevi contagiare dallo swing dei Murazzi.

Mirko Giacchetti

Potrebbero interessarti anche...