Sheol
Ruben Massei, Ispettore della Mobile. Roma. Centro di Roma. Serate e notti passate alla Stazione Temini, un lavoro che non va, una vita che non va. Una camera e la coperta. Amore. Dal passato torna una voce mai sopita, i giorni dalla Shoa, dei crimini che non vorresti sentire. Sono ricordo per molti, inferno per altri. Massei, ebreo, ha un brivido che corre lungo la schiena e fa pensare e dire a chi come me e come molti altri ha qualcosa da non ricordare: ci risiamo, tornano i brutti tempi andati. Ed è questa la forza del romanzo di Marcello Fois, lontano dalle ambientazioni barbaricine, proiettato in una Roma nera già alle 15 del pomeriggio (Ruben diede ancora una sbirciata all'orologio: le tre del pomeriggio. Sembrava già notte, e invece stava solo per diluviare), fatta di camere ad ore e di drink solitari presi a Piazza della Repubblica. Poi c'è il ghetto, nel cuore della città, la sinagoga, una comunità che esiste, resiste e ricorda. Tre disadattati come tanti con in più un poster di Mussolini nella camera con la finestra sul campetto della parrocchia di borgata, una donna ebrea scomparsa, una denuncia e un traffico all'interno della questura. Tutto questo basta a Massei per ricordarsi di alcune storie, di alcune voci, di ville fuori città che puzzano di violenza, allora nel '43 come oggi. Ed è proprio mentre cerca di cacciare lontano dalla sua porta i fantasmi che quest'ultimi si fanno vivi, materiali. Messaggi. Sulla porta di casa, nella macchina, nell'ufficio. Qualcuno sa, ti conosce, pensa a te e vuole tornare indietro a sistemare il passato usando il tuo presente.
Un romanzo sulle presenze, sul passato che si fa'avanti con la forza del futuro, che attanaglia alla gola e da cui non ci si aspetta niente di buono. L'odore del sangue tra i denti. Bigliettini lasciati come guida e memoria all'ispettore. Questo è Sheol oltre la trama e lo svolgimento della storia: un romanzo sul ricordo e sulle scelte che fatte in passato ci ricordano essere le basi del futuro.
Penso a casa mia e penso che tra due o tre giorni tornerò. Non so con quali speranze non so con quante promesse mantenute. Leggo Sheol e il neon dell'albergo è ancora acceso.
Ricordati che un soffio è la mia vita, non più tornerà l'occhio mio a vedere il bene; non mi scorgerà occhio umano, gli occhi tuoi saranno su di me e io non sarò più; come la nube si consuma e dilegua, così chi scende allo sheol più non risale, non ritorna alla sua casa e la sua dimora non lo riconosce.
Sheol- marcello fois - einaudi
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