Adelphi ha da poco ripubblicato Il mago, un gioiello della narrativa europea del Novecento apparso per la prima volta nel 1908, a firma di W. Somerset Maugham (1874-1965), lo scrittore, drammaturgo e sceneggiatore britannico noto per il cinismo e la sferzante ironia dei suoi personaggi, l’esotismo delle sue ambientazioni e l’eleganza della scrittura.
In questo romanzo l’autore si ispira alla controversa figura – realmente esistita – di Aleister Crowley (1875-1947), esoterista, vissuto per lungo tempo in Egitto e padre del moderno occultismo nonché fonte di ispirazione per i satanisti, fondatore di una religione magica incentrata su pratiche sessuali, un uomo che catalizzò l’attenzione dell’opinione pubblica grazie all’eccentricità delle sue teorie e allo stile di vita libertino.
Oliver Haddo – il protagonista – è il discendente di un’agiata famiglia dell’aristocrazia inglese, è considerato un mago in grado di comandare gli spiriti e le forze della natura. Non può certo passare inosservato il suo fisico mastodontico, il sorriso malvagio, lo sguardo ferino, l’aspetto eccentrico del suo abbigliamento, l’arroganza dei modi esageratamente affettati. E’ ossessionato dal desiderio di creare la vita attraverso le pratiche occulte che ha appreso nel corso delle sue peregrinazioni in Oriente.
Arthur Burdon, invece, è un giovane chirurgo che lascia l’Inghilterra per motivi di studio e si stabilisce temporaneamente a Parigi: con lui c’è Margaret, sua promessa sposa, orfana di cui è tutore, e Susie, un’amica ed ex istitutrice della ragazza.
Margaret è la quintessenza della modestia, del pudore, della bellezza, studia a una scuola d’arte ma aspira ad un buon matrimonio, come ogni giovane donna del tempo.
Burdon e Haddo si incontrano per il tramite di una comune conoscenza, il dottor Porhoët, a sua volta appassionato di alchimia.
Sono due modi di concepire la vita che si contrappongono: quello razionale e positivista di Burdon, che applica pedissequamente il metodo scientifico a ogni aspetto dell’esistenza, e quello magico-esoterico di Haddo, che si affida ai grandi alchimisti della storia per cercare di risalire alla fonte della vera sapienza.
Fra di loro c’è Margaret, la dolce e indifesa fanciulla: dopo l’iniziale freddezza e istintiva antipatia per il “mago”, ella finirà per subirne la carica seduttiva e verrà travolta da un gorgo di violenza e aberrazione che la annienterà nello spirito prima ancora che nel corpo.
Ma nella lotta tra bene e male solo il bene può trionfare, anche se a costo di sacrifici inimmaginabili, grazie ai quali si leverà l’alba di una nuova era in cui qualunque pratica oscurantista sarà relegata ai margini di una società abitata da uomini giusti e virtuosi.
La scrittura ricca senza mai essere prolissa, le similitudini eleganti e la raffinatezza dell’ambientazione, tra la Parigi frivola e benpensante di inizio secolo e i tetri manieri dell’Inghilterra, fanno di questo racconto gotico un piccolo gioiello di inaspettata bellezza.
Il libro in una frase
“Da giovane non credevo in nulla, perché la scienza mi aveva insegnato a diffidare persino dell’evidenza dei miei cinque sensi” replicò, stringendosi nelle spalle. “Ma in Oriente ho visto molte cose impossibili da spiegare con i processi scientifici a noi noti. Mr. Haddo vi ha dato una definizione di magia, ma io ve ne darò un’altra. Può essere semplicemente descritta come l’impiego intelligente di forze sconosciute, che il volgo non comprende o non tiene in alcun conto. Un giovane che vada a vivere in Oriente al principio si fa gioco del concetto imperante di magia, ma qualcosa nell’aria prosciuga la linfa del suo scetticismo. Dopo qualche anno, arriva inconsapevolmente a condividere l’opinione di molti saggi, i quali ritengono che, in fondo, qualcosa di vero c’è”.