Sherlock Holmes e la paura. Intervista a Luca Martinelli. Paura sotto la pelle, Bologna 1/2dicembre

Venerdì 1 dicembre e sabato 2 dicembre si terrà a Bologna Paura sotto la pelle, brividi dalla pagina allo schermo, realizzato dal LABORATORIO DELLA CONTROREALTA’. presso l’Auditorium Enzo Biagi di Salaborsa (P.zza del Nettuno, cuore culturale della città, il primo evento bolognese sulla “paura tra virgolette”. Un evento mediatico dedicato all’analisi del misterioso processo in grado di suscitare la paura nel lettore o nello spettatore. Tra i relatori di venerdì ci sarà anche Luca Martinelli , Sherlock Holmes, un mito che non tramonta.
Milanonera gli ha rivolto qualche domanda in anteprima.

Come nasce la tua passione per Sherlock Holmes?
L’amore per il personaggio nasce dalle letture sulla spiaggia all’epoca della scuola media. La passione, invece, è arrivata con la nascita della mia prima figlia, perché il pediatra che scegliemmo, Enrico Solito, all’epoca era il presidente di “Uno studio in Holmes”, l’associazione degli sherlockiani italiani nonché autore di apocrifi. Parlando con lui, mi lasciai coinvolgere nella vita dell’associazione, grazie alla quale ho scoperto che dietro l’immagine stereotipata di Sherlock Holmes c’è un mondo ben più complesso e incredibilmente affascinante. È a quel punto che è nata la passione.

Quando hai deciso di scrivere romanzi apocrifi con protagonista Sherlock Holmes?
È successo alla fine degli anni Novanta. A forza di scoprire aspetti insoliti sulla figura di Holmes, curiosità ed elementi poco chiari o misteriosi contenuti nei testi di Conan Doyle, è stato naturale immaginare, ad esempio, cosa il detective avrebbe potuto fare durante gli anni in cui tutti lo credevano morto o come si sarebbe comportato, lui che viene considerato un misogino, di fronte a una suffragetta. La molla è scattata così. Per darmi queste risposte e anche per la voglia di narrare nuove avventure di Holmes. Perché i veri appassionati non sono mai paghi di conoscere sue nuove indagini.

Quanto è stato difficile adattare la tua scrittura e il tuo stile a quelli del Dottor Watson?
È stata una sfida, certamente, ma tutto sommato non mi ha posto difficoltà insormontabili. Al di là dei racconti di Conan Doyle, ho sempre apprezzato la letteratura dell’Ottocento e ne sono stato, e ne sono, un grande lettore. Alla fine, quello stile di scrittura è un po’ entrato dentro di me attraverso la lettura degli autori di quell’epoca e quando ho affrontato la scrittura degli apocrifi non è stato troppo difficile adattarmi a quello stile.

Sherlock Holmes si definisce un “consulting-detective”. Ci spieghi il significato di questa figura?
Sì, Holmes diceva di essere un “consulente investigativo”, cioè un figura professionale, fino ad allora sconosciuta, in grado di fornire aiuto a chi svolgeva indagini per professione, vale a dire la polizia ufficiale. E, in effetti, questo accade nei primi due romanzi e poi in molti racconti successivi. La polizia – Scotland Yard – ricorre al suo aiuto di fronte a casi che non sa risolvere. A questa professione, tuttavia, egli affianca anche quell’investigatore privato, visto che in molti casi indaga su richiesta di un privato cittadino.

C’è fra i tanti romanzi di Sir Conan Doyle uno che preferisci? E perché?
Senza dubbio “La maledizione dei Baskerville”. Uso questo titolo, perché la traduzione italiana più diffusa – “Il mastino dei Baskerville” – è fuorviante. Nel romanzo non si incontra mai un mastino, che peraltro in inglese si dice “mastiff” e non certo “hound” (segugio) come recita il titolo originale e come si trova scritto nelle pagine del libro. È il romanzo che preferisco perché congegnata in modo perfetto e tiene sempre alta la suspense e l’attenzione del lettore. E poi mi piace l’ambientazione, la nebbiosa brughiera del Devon, che è un luogo affascinante che permette di dare alla storia un’impalcatura da storia gotica. E, infine, perché le doti logiche deduttive di Holmes emergono con forza.

Fra le innumerevoli trasposizioni cinematografiche e televisive, quale attore, secondo te, ha interpretato meglio il ruolo di Sherlock Holmes?
In assoluto preferisco Jeremy Brett. È quello che più di ogni altro rispetta a tutto tondo il ritratto dell’investigatore – con le sue manie, le sue pose, i suoi cambi d’umore, la sua umanità – che emerge dalle pagine dei racconti originali di Conan Doyle.

La paura in Conan Doyle, come la trasmetteva?
Le descrizioni di luoghi impervi e inospitali sui quali incombe un clima inclemente o l’oscurità della notte, il racconto di vicende o leggende inquietanti e piene di misteri, tipo quelle narrate ne “Il rituale dei Musgrave”, ne “La Maledizione dei Baskerville” oppure ne “L’avventura del pollice dell’ingegnere”, solo per citare tre racconti della saga di Sherlock Holmes. E, ovviamente, con un ritmo di scrittura che, nei passaggi cruciali, si fa più serrato e convulso. Del resto, Conan Doyle era autore anche di numerose storie gotiche e una raccolta di suoi scritti si intitola “I racconti del terrore e del mistero”. Insomma, padroneggiava bene l’argomento. Far provare un brivido di paura ai suoi lettori era il suo mestiere.

L’appuntamento con Luca Martinelli e Sherlock Holmes è per venerdì primo dicembre a Bologna  a PAURA SOTTO LA PELLE
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Massimo Ricciuti

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