Fin dai tempi della scuola Tabitha Hardy non aveva goduto della stima e della benevolenza degli abitanti di Okeham, il piccolo paese dove era nata e dove malauguratamente aveva deciso di tornare dopo anni. Minuta, introversa, strana aveva pochi amici e si sentiva spesso a disagio con gli abitanti del borgo. Cosi una volta rientrata ad Okeham, dopo anni di assenza e trovato morto il Sig. Stuart Rees, suo professore delle superiori, è stato immediato per tutti accusarla di omicidio.
Tabitha però è convinta che ci sia stato un errore e dalla cella dove è rinchiusa in custodia cautelare pensa che presto sarà di nuovo libera. Non sembra essere proprio così. Tra gli accusati pare essere l’unica ad avere avuto occasione, mezzi ma soprattutto movente per compiere l’atto. È stata trovata coperta del sangue della vittima, il cadavere è stato trovato nel capanno dietro casa sua e ancora studente “se la faceva” con il professore. Sono troppe coincidenze tutte insieme. Se poi si aggiungono al fatto che Tabitha non ricorda quasi nulla di quel giorno di dicembre la situazione sembra veramente compromessa per lei.
Stare in prigione è dura. Con queste premesse lo è ancora di più. Siede in una cella come un animale ferito e riflette sul fatto che l’unica prospettiva che le si presenta è quella di stare in carcere per gli anni a venire. Dichiararsi colpevole, come consiglia il suo avvocato d’ufficio, pare essere l’unica via a sua disposizione. Questa soluzione la atterrisce al punto da liberare l’avvocato e cercare la sua libertà da sola. Contro l’unanime condanna Tabitha si procurerà da sola la verità. È solo lei infatti che può scoprirla e difenderla, contando solo su sé stessa.
Piano piano Tabitha ci conquista. Preparare una difesa da autodidatta non è facile. Soprattutto è arduo imparare il comportamento equilibrato e rispettoso da tenere in un’aula di tribunale. Come ci si rivolge ai testimoni, al giudice, alla controparte? Tabitha non lo sa ma ha bisogno di apprenderlo. Lo capirà scendendo nell’arena dove si realizza il gioco del “tutti contro una”. All’inizio timida poi sempre più a suo agio darà del filo da torcere a chi vorrebbe metterla da parte senza indugiare. E noi non possiamo far altro che tifare per lei. Se all’inizio infatti può parere anche a noi la probabile autrice dell’omicidio di Stuart Rees verso la fine capiamo che è solo la vittima del pregiudizio che aleggia intorno a lei. Okeham è il paese piccolo e asfittico dove nessuno di noi vorrebbe abitare, che nasconde lo sporco sotto lo zerbino insieme alle proprie colpe. È solo sfidando l’omertà di chi si nutre solo di preconcetti e pettegolezzi che si può riconquistare la verità e un po’ di umanità.
Come sempre, buona lettura!
Tabitha Hardy si difende da sola.
Paola Carbellano