Un doppio sospetto



arnaldur indriðason
Un doppio sospetto
guanda
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In un appartamento di Reykjavík l’agente Elínborg trova un giovane uomo sgozzato. Non ha i pantaloni e indossa una stonata maglietta di qualche taglia inferiore alla sua. L’uomo non era solo al momento della morte. La presenza di una stola di pashmina fa propendere per la presenza di una donna. I fatti sono andati proprio così. Una donna c’era in quel momento. Consenziente a seguire quel giovane, molto meno ad accettare ciò che sarebbe successo dopo. Ma cosa è successo veramente dopo se in un lago di sangue è stato trovato lui e di lei è solo in piedi una semplice supposizione per quanto logica?

Votato agli intrecci e alla sospensione del mistero, Arnaldur Indriðason confeziona con Un doppio sospetto un giallo elegante, tesissimo, furbo nel tenere aperta più di una porta per un seguito che l’autore, a questo punto, farebbe malissimo a non percorrere.

Il suo grande amore per il cinema (ha un passato di critico nel più celebre magazine islandese di cinema, il Morgunblađid) si riversa in un canovaccio diretto con evidente predilezione visiva. La descrizione degli esterni, l’asciuttezza dei dialoghi e la tensione dell’intreccio del thriller sembrano essere lì solo per chiedere di farsi trasformare in immagini da grande schermo. Convincono gli attori in scena, il vissuto che si portano dietro e le reazioni con cui metabolizzano gli eventi. Un piccolo dubbio (però, ripetiamo: a meno che il libro non ritardi in un prossimo romanzo la fine sull’intera vicenda narrata) sull’efficacia di quel tutto uscito dal diario del passato o dalla rivelazione del più vicino presente.

Un whodunit di classe che ci ispira un doppio interrogativo: 1) ma quanto i nordici odiano le donne? 2) quanto è ancora profondo il barile del giallo nordico?

 

corrado ori tanzi

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