Una contessa a Chinatown – Dario Crapanzano.



Dario Crapanzano.
Una contessa a Chinatown
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Dario Crapanzano arriva in libreria con il secondo romanzo che ha per protagonista Margherita Grande, detta Rita. Per chi non avesse letto il primo libro della serie (ma si può leggere il secondo senza problemi), Rita è una giovane, brillante e simpatica squillo, che esercita il suo mestiere nella villa della contessa Vergani.
Siamo nella Milano dei primi anni ’50, e i clienti della contessa Vergani, anche lei prostituta prima di incontrare e sposare il ricco e anziano conte, sono professionisti, magistrati, avvocati, insomma la crème de la crème milanese.
Grazie alla sua bravura e fantasia, Rita con il suo lavoro è riuscita ad acquistare un grande appartamento, dove mantiene l’anziana nonna e i due fratellini minori, che ancora vanno a scuola. Rita è orfana di entrambi i genitori, ma Dario Crapanzano non ne fa un’eroina drammatica né spinge il lettore a provare compassione per lei. La protagonista, al contrario, è una ragazza intelligente e determinata, con la sua etica e le sue priorità.
Se nel romanzo precedente, “La squillo e il delitto di Lambrate”, la protagonista si era improvvisata investigatrice per salvare una sua amica, accusata ingiustamente di aver ucciso il fidanzato, qui Rita è coinvolta in prima persona dall’inizio. E’ proprio la sua maitresse, la contessa Vergani, a essere ritrovata morta in un pied-à-terre in via Paolo Sarpi, nella Chinatown milanese. La prima frettolosa indagine porterebbe a chiudere il caso come suicidio, ma Rita, che aveva un rapporto amicale oltre che professionale con la defunta, è convinta che la contessa non avesse nessuna intenzione di uccidersi. Lo sconcerto per la sua morte è ancora più grande quando Rita scopre che la contessa le ha lasciato in eredità la splendida villa, dove viveva e dove Rita si prostituiva con le altre ragazze.
A questo punto non le resta che indagare e se il giallo è ben congegnato, le caratteristiche che fanno amare questo romanzo sono le descrizioni, da una parte, della Chinatown milanese negli anni ’50, e dall’altra le abitudini e i proverbi meneghini della nonna di Rita.
Per me è stato davvero un piacere scoprire che il piatto di cervella fritta, che adoravo mangiare da bambina, era considerato un lusso della domenica, nella Milano di quegli anni. E sarà la nostalgia per un’epoca che non ho vissuto, essendo nata a Milano molti anni dopo, sarà che vivo a Roma da troppo tempo, questo entrare in punta di piedi nella vita dei milanesi, DOC o d’adozione, in quel periodo d’oro, mi ha davvero affascinata. Tanto che non vedo l’ora di leggere la prossima avventura di Rita Grande, ormai non più squillo ma ragazza ricca in una Milano che sta cambiando vorticosamente.

 

Raffaella Bianchi

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