L’archivio del diavolo – Pupi Avati



Pupi Avati
L’archivio del diavolo
Solferino
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Una lettera spedita a un editore nel 1980 accompagnata da un testo di 168 pagine che narra eventi accaduti nel 1953: così prende il via L’archivio del diavolo, il nuovo romanzo gotico del Maestro Pupi Avati. Siamo di fronte a una sorta di sequel de Il signor Diavolo, che si concludeva con la scomparsa del funzionario ministeriale Furio Momentè. Costui era stato inviato in Veneto da Roma per indagare sull’omicidio di un ragazzino da parte di un coetaneo, convinto che il suo amico fosse il Diavolo in persona. Il compito del funzionario consisteva nel tenere celata un’eventuale complicità del clero in quell’assurdo delitto. Scoperto dai suoi avversari, Momentè aveva fallito miseramente la sua missione. Ora nella parrocchia di Lio Piccolo, un paesino del Polesine in cui è avvenuto il fattaccio, giunge don Stefano Nascetti, in fuga dalla vendetta del questore di Venezia Carlo Saintjust. Neppure il tempo di arrivare e il sacerdote si trova coinvolto nel ritrovamento di due cadaveri sconosciuti, con la conseguente riapertura di un’indagine chiusa troppo in fretta.
Ambientato fra Roma e il Veneto, L’archivio del diavolo è caratterizzato dalla costante presenza del Male. A ciò contribuisce fortemente la superstizione popolare, ancora ben radicata nel Nordest contadino degli anni Cinquanta. Nessuno dei personaggi del romanzo è completamente innocente: ognuno di loro ha qualcosa da nascondere e le varie vicende finiscono per intrecciarsi fra loro. La sapiente mano di Avati guida il lettore attraverso le pagine, lasciandolo spesso spiazzato dalla piega che prendono gli eventi. Il gotico, un misto fra thriller e horror, è un genere che l’autore padroneggia, avendolo impiegato per alcune pellicole di grande successo. Anche il racconto in questione si presta molto bene a una trasposizione cinematografica e ciò, probabilmente, avverrà presto, se non altro per portare a compimento quello che era rimasto in sospeso ne Il signor Diavolo. Un paio di annotazioni conclusive: nel testo sono presenti alcuni ritagli di un rotocalco, dodici per la precisione, che riportano altrettante allucinazioni ipnagogiche. Queste ultime sono esperienze intense e vivide che si verificano all’inizio di un periodo di sonno e si collegano, misteriosamente, alle vicende narrate nel romanzo. C’è poi una sorta di racconto all’interno del racconto, riguardante gli ultimi giorni di vita del poeta e scrittore russo Nikolaj Gogol’. Un ennesimo rompicapo che rende ancora più interessante e avvincente la lettura de L’archivio del diavolo.

Massimo Ricciuti

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