WW (DiRottamenti) – Bentornata Cristina

Un libro da non perdere: Vita intima e vita nomade in Oriente (Ibis, 1993, 13 euro). E una giornata di studi a cui non mancare: La prima donna d’Italia, Cristina Trivulzio di Belgiojoso (1808-1871) tra politica e giornalismo. Si svolge a Milano, presso il Museo di Storia contemporanea (via Sant’Andrea 6), giovedì 15 maggio.

Se Cristina fosse stata un uomo oggi probabilmente la studieremo insieme con Giuseppe Mazzini e Carlo Cattaneo e certo di più dei fratelli Bandiera. Perché, con tutte le limitazioni imposte alle donne italiane nell’Ottocento, è riuscita a diventare un’eroina, una libera pensatrice, una militante della libertà. Certo partiva avvantaggiata: la società austro-ungarica, contro cui per altro Cristina si batteva, era ben più aperta alle donne del resto d’Italia, con l’unica eccezione, in parte, della Toscana.

Quello che rende speciale quest’aristocratica lombarda nata nel 1808, sposata a 16 anni e separata solo cinque anni dopo, è proprio la sua dimensione “politica”. Questa è la dimensione che, con una curiosa presa di distanza dalla storia di genere, ha attratto l’attenzione della giovane studiosa tedesca, Karoline Rörig, di Bonn, che è tra le protagoniste del convegno. Il suo intervento anticipa la biografia pubblicherà entro fine anno e si intitola: Dalla biografia alla storia. Il pensiero storico-politico di Cristina Trivulzio di Belgiojoso.

Spiega la Rörig: «Cristina Trivulzio si è battuta soprattutto con la penna. Era appunto una pensatrice, un’intellettuale. Non era una donna che saliva sulle barricate. Il suo impegno fisico più intenso è stato durante la Repubblica romana del 1849, quando Mazzini le affidò la direzione generale degli ospedali della città. Nel 1848, prima delle Cinque Giornate di Milano, aveva girato l’Italia in lungo e in largo per scambiare idee con gli altri patrioti e dare consigli. Però ciò che la caratterizza più di tutto è stato il suo impegno nel giornalismo politico e su questo, secondo me, si deve oggi concentrare la ricerca».

Non tutti saranno d’accordo, ma questo approccio ha un grande merito: non chiude la Trivulzio nel solito “ghetto” dei temi legati alle donne. Fra l’altro, sull’emancipazione, Cristina, che pure aveva idee così avanzate, era molto cauta: «Era convinta che le donne italiane non fossero ancora pronte per l’emancipazione politica, perché non erano abbastanza educate e istruite», spiega la Rörig. «Al tempo stesso non s’impegnò per l’emancipazione e l’educazione femminile perché non giudicava il tema “donna” una priorità. Il suo chiodo fisso era la politica. Qui si muoveva con naturalezza…», da vera donna emancipata. Un paradosso? Soltanto in parte: la Trivulzio, da aristocratica, dava per scontati i privilegi di cui godeva, rispetto alle altre donne, proprio in quanto nobile.

Oggi, in fondo, il suo atteggiamento appare proprio per questo più moderno: voleva essere giudicata soltanto per quello che scriveva. E su questo si concentra anche l’intervento dello scrittore e giornalista Pier Luigi Vercesi, Cristina Trivulzio di Belgiojoso e il giornalismo. Il libro edito da Ibis, che ho suggerito all’inizio, ne è la conferma: l’acuta analisi della forza e della debolezza dell’Impero turco, che vi è contenuta, la capacità di intuire quale problema sarebbe stato il suo crollo per l’intera Europa (intuizione che l’accomuna a un’altra grande e misconosciuta viaggiatrice, Lady Hester Stanhope), ne fanno davvero una saggista di primissimo piano.

valeria palumbo

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