Stando alle leggende, la storica epopea dei sette re di Roma, guarnita dagli orpelli fantastici e religiosi che circondano le loro esistenze, sarebbe andata dal 21 Aprile del 753 a.c., anno di fondazione della città ad opera di Romolo (primo re), al 509 a.c., quando Tarquinio il Superbo fu cacciato dal trono. E tutti gli autori, che ne scrissero in epoca romana e in seguito, sono d’accordo sul fatto che Roma, durante i suoi primi duecentocinquanta anni, sia stata retta da una monarchia. E la storicità dei sette re sembra dimostrata anche dai nomi regali. Infatti, mentre i personaggi legati alla fondazione (Romolo, Remo, Amulio, Numitore) hanno un unico nomen, i re successivi riportano, accanto ad esso, anche un patronimico (Numa Pompilio, Tullo Ostilio…), dati dalla necessità di evitare omonimie in una comunità ormai più allargata. Storie suffragate anche da varie prove, quali la celebrazione, in età repubblicana, della cerimonia del regifugium o la presenza, nel calendario, per i giorni 24 marzo e 24 maggio, della sigla Q.R.C.F. ovvero Quando Rex Comitiavit Fas, che indicava la data in cui era lecito per il re convocare il popolo in assemblea. L’esistenza della Regia, probabile antica dimora del sovrano poi sede del Pontefice Massimo, senza dimenticare l’interregnum, istituto cui si ricorreva in età repubblicana in caso di assenza dei magistrati superiori. E ne fanno fede pure il famoso cippo del Foro romano, il lapis niger, di età arcaica, che menziona per ben due volte la carica di re.
Monarchia, dunque, durante la quale si sarebbero alternati dei re, la maggior parte dei quali di origine sabina o etrusca. Sempre chiamati i 7 re di Roma anche se forse si sarebbe dovuto dire 8, perché la tradizione narra che due, Romolo e Tito Tazio, governarono assieme… Una monarchia che restò in sella fino al 509 a.c.
Da quel momento, il settimo re, Lucio Tarquinio, primogenito di Tarquinio Prisco, eccellente soldato, ma uomo duro di carattere diventato per i romani Tarquinio il Superbo, fu relegato dagli storici nel ruolo di cattivo. Pare tuttavia che, nonostante il suo tremendo carattere, apprezzasse certe consuetudini adottate da tutti i suoi predecessori come possedere un grande orto nel recinto della reggia, godendone dei prodotti freschissimi.
Ma anche se pare difficile dare fede a tutti gli orrendi misfatti che gli sono stati attribuiti durante gli anni in cui fu al potere, il suo non fu sicuramente un regno ideale…
In un doppio matrimonio di famiglia, sposato controvoglia a sua cugina Tullia Maggiore, figlia di Servio Tullio e Tarquinia (mentre suo fratello Arrunte sposava la sorella, Tullia Minore), Lucio Tarquinio si accordò in un orrendo patto di sangue con la bella cognata, teso a eliminare i rispettivi coniugi per poi unirsi tra loro. Sarà sempre tiranneggiato dalla attrazione fisica, dalla diabolica intelligenza, dall’attitudine all’intrigo e dalla crudeltà della pluriassassina, Tullia Minore, amica d’infanzia, poi amante, moglie, e infine madre dei suoi figli, che per tutta la vita sarà sempre la sua confidente e spalla, input di forza e volontà per ogni decisione. Con l’appoggio e la complicità di Tullia Minore, Lucio Tarquinio infatti arrivò a complottare contro il suocero e zio, l’ormai ultrasessantenne Servio Tullio e abbigliato con il purpureo manto regale a rivendicare per sé in senato il trono come discendente di Tarquinio Prisco.
Servio Tullio, avvertito dai suoi fedeli, accorse alla Curia per sostenere la sua posizione, ma il nipote Lucio lo attaccò e spingendolo con violenza lo fece cadere e rotolare per la ripida scalinata. Nonostante le ferite, il vecchio re cercò di reagire e rialzarsi, ma sua figlia Tullia Minore, che aveva raggiunto il foro alla guida del suo cocchio, dette di sprone spingendo il cavallo al galoppo e lo investì, spiaccicandolo al suolo. Molto scenografico, orrida leggenda, par difficile immaginare a un tale pubblico e mostruoso omicidio, ma fatto decisivo per la trama. Fatto che costringe i senatori a eleggere subito Lucio Tarquinio re di Roma senza l’approvazione del popolo.
Tiranno scaltro e poco avvezzo a compromessi, Lucio Tarquinio governerà, a differenza del predecessore, in modo sempre più dispotico. Pare che per adempiere alla sua promessa agli dei e realizzare il gigantesco Tempio di Giove Capitolino e ripulire e rinforzare la Cloaca Massima, Lucio abbia imposto dei lavori obbligati alla plebe, inimicandosela.
Avrebbe accentrato solo nelle sue mani il potere del senato tanto da escludere in pratica dal governo l’aristocrazia romana.
Ciò nondimeno fu un abile condottiero e conquistatore, ma tutto questo fu dimenticato dai suoi successori. La sua guerra contro le città latine mirava a creare una via commerciale verso il sud e verso la Campania, indispensabile per gli scambi tra Etruria e Magna Grecia. Nelle azioni militari si dimostrò sempre all’altezza di Servio Tullio e Tarquinio Prisco. E firmò trattati di alleanza con le città di Tusculum e Antium, con i Volsci, gli Ernici e gli Equi, consolidando il predominio romano nel sud del Lazio. In più fondò le colonie romane di Circei e Signia.
Come mai allora ebbe contro il popolo romano e gli stessi Tarquini?
Secondo la leggenda: la causa o meglio la fatale scintilla che portò alla sua cacciata fu la violenza con per vittima la proba Lucrezia, moglie di Tarquinio Collatino. Violenza di cui venne accusato Sesto Tarquinio, figlio maggiore del re… Lucrezia si suicidò… L’appassionato elogio funebre nel foro a lei dedicato da alcuni membri dell’aristocrazia senatoria romana, fece sì che il popolo si rivoltasse e deponesse Lucio Tarquinio, confiscando tutti i suoi beni e affidando a popolo e senato il potere: SPQR, Senatus PopolusQue Romanus… Era nata la repubblica. Una rivoluzione “popolare” cacciava l’ultimo mitico re di Roma. Tarquinio il Superbo aveva regnato per 35 anni.
Forse il tempo degli Etruschi stava finendo, la Roma etrusca, invisa per i lussi e la raffinata cultura mal si addiceva alla plebe e forse anche ai commercianti che ormai intendevano soppiantare i nobili. Secondo la versione degli autori, Tarquinio il Superbo sarebbe ricorso all’aiuto delle vicine città etrusche prima di dare il via all’ assedio di Roma…
Ma secondo un’altra più famosa leggenda avrebbe approfittato dell’arrivo del re etrusco di Chiusi, Porsenna… E, durante l’assedio lo stesso Porsenna colpito dalle gesta eroiche dei romani (Muzio Scevola, Marco Orazio Coclite, la fuga di Clelia) avrebbe deciso di firmare un trattato di pace con i romani.
Ma tutti i vari e successivi tentativi fatti da Tarquinio per rientrare in Roma (per mezzo di una congiura, con le armi dei Tarquiniesi e dei Veienti, con quelle di Porsenna, con quelle dei Latini) fallirono e Tarquinio il Superbo, il settimo e ultimo re di Roma morì esule, nel 495 a.C.,
alla corte del tiranno greco Aristodemo di Cuma.
Nota storica. Secondo una diversa ma attendibile ricostruzione, Roma fu vittima dell’espansione etrusca del re di Chiusi.
Porsenna sarebbe stato pertanto il vero conquistatore che cacciò i Tarquini da Roma e il trattato di pace molto probabilmente un trattato di resa. La conquistatrice calata etrusca verso sud fu tuttavia osteggiata dalle colonie greche del meridione, in particolare dal tiranno greco Aristodemo di Cuma, il quale garantì aiuto alla Roma assediata da Porsenna. Ciò spiegherebbe anche l’esilio di Tarquinio il Superbo a sud, prima a Tusculum e poi a Cuma. Se fosse stato alleato degli etruschi di Porsenna, si sarebbe recato in esilio a nord nelle città etrusche e non a sud nelle città greche.
L’espansione etrusca verso sud, fermata dalla vittoria dei latini e degli alleati di Cuma nella battaglia di Ariccia (506 a.C.), ne indebolì l’egemonia nel Lazio.
L’aristocrazia romana, messa in secondo piano durante l’occupazione, ne approfittò subito per sollevare il popolo contro i dominatori e scacciarli. E, finalmente libera dagli etruschi, Roma abbandonò il regime monarchico per più di cinquecento anni fino all’avvento di Augusto.
Franco Forte è nato a Milano nel 1962. Direttore delle collane Giallo Mondadori, Segretissimo e Urania, per Mondadori ha pubblicato, tra gli altri, Carthago, Roma in fiamme, Cesare l’Immortale, La bambina e il nazista e la serie dei 7 re di Roma, avviata con il fortunato Romolo – Il primo re.
Paolo C. Leonelli (Roma, 1963), imprenditore ed esperto di oggetti d’antiquariato e gioielli, ha pubblicato numerosi racconti con diversi editori, tra cui Mondadori nella collana Segretissimo.
Alain Voudì (Genova, 1963), vincitore del Premio Robot e finalista del Premio Italia, ha pubblicato diversi racconti sui Gialli Mondadori e su Urania. È autore tra l’altro della saga di storia alternativa Trainville.