Giallo di Sera a Ortona 2. I grandi ospiti. Mirko Zilahi

Due weekend all’insegna del giallo noir, con con la partecipazione degli autori crime più noti del nostro Paese e di volti noti dell tv.
A questo aggiungete una suggestiva piazzetta che domina il mare: ecco a voi Giallo di sera a Ortona, giunto alla seconda edizione, visto il grande successo dell’ anno precedente.
La manifestazione di terrà a Ortona (CH) in due weekend di luglio, 17/18/19 e 24/25/26 sempre sotto la direzione artistica di Romano De Marco.
MilanoNera vi accompagnerà con un appuntamento giornaliero a conoscere gli ospiti che interverranno.
Oggi parliamo di traduzione con Mirko Zilahy che  ha lavorato alla riedizione di Mystic River per  Longanesi.
Vi ricordiamo che Mirko Zilahy sarà a Giallo di Sera a Ortona domenica 26 luglio alle ore 20.00  a parlare dei suoi thriller, di graphic novel e di traduzione.

Ci vediamo là!


Mirko a tuo avviso perché Mystic River, che ha già qualche anno e che è diventato anche un film nel 2003, continua ad affascinare ancora così tanto e soprattutto un pubblico di lettori giovani?

Perché Mystic River ha la solidità di un classico e quindi di qualcosa di intramontabile e i classici – con varie fortune – si prestano pertanto a traduzioni periodiche, a richiami che possono dar loro nuove possibilità, nuove voci, in modo che possano parlare al presente e diano alla storia e al libro una proiezione nel futuro più prossimo. Nuovi testi che vivano nella “vita oltre la morte” per citare Benjamin. Perché oltre l’impianto di un vibrante thriller psicologico, Mystic River si svela come un grande romanzo contemporaneo sull’ingiustizia del modello socioeconomico su cui si fonda l’intero sistema mondo, sugli oscuri meandri del destino e sul silenzio che uccide. Temi centrali nella letteratura d’ogni latitudine e tempo. Ho avuto la fortuna di tradurre importanti autori di lingua inglese, contemporanei e non, e ho il piacere di scrivere thriller che credo trovino una certa consonanza con quelli di Dennis Lehane di cui ho finalmente tradotto il romanzo più potente. Di certo è il libro più bello su cui ho lavorato sinora.

Mystic River va ben oltre il thriller classico a cui in tanti sono abituati perché dentro c’è tanto male, tanta sofferenza umana e sentimenti come la vendetta, l’amicizia e la compassione. Quanto è difficile tradurre tutto questo da una lingua all’altra e riportare per intero tutta la sequenza emozionale della narrazione?
Il male è il mistero che muove il sole e l’altre stelle, è il motore di ogni storia, vissuta o immaginaria, da Omero a Shakespeare, da Dickens a Lehane. E nei romanzi di quest’ultimo esistono almeno due livelli di stratificazione del male. La prima cosa che gli sta a cuore è la forbice socio economica tra le classi sociali – Sean, Jimmy e Dave rappresentano tre mondi contigui ma ben distinti – che produce violenza e illegalità, viola la giustizia e soffoca persino l’innocenza dell’infanzia. Nei suoi romanzi c’è un rumore di sottofondo, è come se il destino della gente comune fosse già scritto, un’eco lontana che si fa man mano più solida, fino a divenire oggetto, crimine, vendetta. Un’epica che accompagna la vita del mondo sbagliato di Lehane, delle famiglie che tacciono segreti, coltivano rancori e silenzi persi nelle acque, menzogne ancestrali che uccidono, per davvero. Ma in Mystic River il male è soprattutto una potenza elettrica, un’energia nera che mette insieme uomini e cose in un universo brunianamente coerente. Il male passa di mano in mano come una maledizione, una voce sciagurata che si è fatta carne. Riportare tutto questo è appunto la grande sfida.

In questa riedizione del romanzo uscita il 20 febbraio scorso con l’editore Longanesi se non ci fosse scritto: traduzione di Mirko Zilahy, da cosa lo capirebbero i lettori che ti conoscono e che leggono i tuoi romanzi che c’è comunque qualcosa di tuo?
Certamente, questo Mystic River è una cosa diversa. Perché una traduzione è sempre un’altra cosa e lo è ogni singola traduzione dello stesso testo da parte di traduttori differenti o, anche, dello stesso traduttore nel tempo. Perché il romanzo è passato attraverso i miei filtri culturali, sociali, emotivi e idiolettici ed è diventato un romanzo italiano non solo “mediato” da strategie traduttive ma strutturalmente rivisitato. Insomma, è impossibile tradurre senza dire “io” anche se ciò non significa affatto, ovviamente, inventare un testo che non esiste. Io ho cercato mettere insieme entrambe le “anime”, o meno romanticamente i mestieri, quella del traduttore e quella dell’autore, che a ben vedere non sono troppo distanti. Chi traduce deve essere ambizioso. Come il critico che non deve svelare nulla ma ri-velare, ricoprire (quello di Wilde ne Il critico come artista e di Manganelli de Letteratura come menzogna), l’opera prima, originale, così il traduttore non può essere soltanto fedele a una manciata di regole; deve invece aspirare e ispirarsi al mistero che si trova nell’opera prima, all’incomunicabile, per chiamare ancora in causa Walter Benjamin, quello che le filosofie moderne definiscono “l’irrappresentabile”.

MilanoNera ringrazia Mirko Zilahy per la disponibilità

Antonia Del Sambro

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