CARVALHO. Problemi di identità
“Non c’è trappola più mortale di quella che
prepariamo con le nostre stesse mani”
(Raymond Chandler)
Dal punto di vista letterario è sicuramente un’impresa di non poco conto e piuttosto coraggiosa affrontare la scrittura di un “apocrifo” di uno scrittore come Vazquez Montalban. Ricordo un ottimo Soluzione Sette per cento in cui Nicholas Meyer fa incontrare nientepopodimeno che Sherlock Holmes e Sigmund Freud.
Immaginiamo quando ci troviamo davanti un pastiche in cui il protagonista è quel Pepe Carvalho, personaggio imprescindibile della letteratura gialla contemporanea.
Se l’approccio alle prime pagine del romanzo può lasciare anche sconcertati, concedendosi qualche pagina ci si può ritrovare coinvolti nella scelta stilistica quasi schizoide di Zanon. Ci si trova spesso sballottati, a volte senza una chiara consequenzialità spazio-temporale, tra le scene corali in cui si muovono i vari personaggi che intervengono nella narrazione e il maelström concitato e quasi joyciano in cui Carvalho è preso dalle sue riflessioni. Il tutto ha un suo perché: Carvalho è invecchiato. È sempre più cinico, vittima fondamentalmente di se stesso, del suo autolesionismo e del suo essere disadattato in un mondo in cui sempre meno si riconosce. Al contempo Zanon disegna un Carvalho più riflessivo sul suo stato d’essere, più autocritico, in cerca di autogiustificazioni sul proprio cinismo estremo che lo porta verso un autoisolamento conflittuale che, più o meno inconsciamente, rifiuta.
Carvalho qui diventa curiosamente reale, è vero, è vivo e gira realmente per le strade della sua Barcellona. Ha un rapporto a volte simbiotico di odio-amore con lo Scrittore che viene quasi relegato al ruolo di una sorta di Dott. Watson. Probabilmente è l’indelebile impronta iconica che Carvalho ha rappresentato per schiere di lettori e per la stessa Barcellona a catapultarlo fuori dalla finzione.
Così come reale è anche Biscuter che cerca un’emancipazione dall’ombra piuttosto incombente del suo jefe tanto da decidere di partecipare a Masterchef ma anche cercando di ricavarsi un ruolo tutelare, quasi un analista e consigliere spaventato dalla sempre più determinata deriva autolesionistica del detective.
La serie di omicidi efferati in cui viene coinvolto fa sì che si crei un girotondo di personaggi ambigui che determinano sempre un ribaltamento di fronte nell’iter delle indagini in una Barcellona pervasa da miserie umane, condizionata da un clima politico pesante per le tendenze secessioniste catalane. Un tourbillon situazionale e mentale aggravato da una relazione sentimentale (ebbene sì, Pepe si innamora) tanto morbosa e ossessiva quanto impossibile che lo porterà a rischiare ossa e pelle anche sulle strade di Madrid.
Ci si chiede se, in qualche modo, ci sarà una possibilità di redenzione e riscatto per questo Pepe Carvalho, se riusciremo a incontrarlo per le strade di Barcellona e a bere assieme un whisky in tutta tranquillità.
Oppure è veramente destinato a finire viejo, solitario y final, parafrasando Chandler (e Soriano), come il suo omologo, non solo letterario, Philip Marlowe.
In definitiva Carlos Zanon ci presenta un romanzo complesso e ben articolato. Anche l’apparentemente caotica scelta stilistica ben si adatta ai personaggi e alle situazioni. Uno scrittore con solide basi storiche e letterarie che rende giustizia anche a un personaggio del calibro di Manuel Vazquez Montalban.
Non so se ci sarà un seguito, forse no e forse è meglio così. Ma è stato un piacere riannusare le atmosfere che tanto ci mancavano dalla scomparsa del Maestro.
Buona lettura.
“Hallarás mil aventuras
sin amor
pero al final de todas
solo tendrás dolor
te darán de los placeres
frenesí
más no ilusión sincera
como la que te dí.”
(Lo dudo – Chucho Navarro)