Acqua di fiume – Stefano Vicario



Stefano Vicario
Acqua di fiume
La nave di Teseo
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Il re degli stracci è tornato. L’avvocato Andrea Massimi, clochard per volontà espiativa e non certo per mancanza di alternative, si conferma detective abile, risoluto e coraggioso.

Dopo il suo romanzo d’esordio Stefano Vicario, già brillantissimo regista televisivo, si ripete con “Acqua di fiume” (La nave di Teseo, 272 pagine) che rappresenta la seconda avventura dell’invesatigatore “invisibile agli occhi” dalla maggior parte delle persone.

Questa volta non ci sarà nessun colpevole da scoprire, nessun cadavere cui rendere in qualche modo giustizia. Non c’è una goccia di sangue, non c’è nemmeno un soffio di violenza se non quella, discreta interiore e travestita da sofferenza che caratterizza a vario titolo i protagonisti della storia. Una sorta di giallo del tutto atipico che trascina il lettore in una Roma decisamente periferica che vive e si sviluppa sulle rive più dimenticate e degradate del Tevere. Chi si aspetta di scorgere nelle pagine di Vicario la Roma del quartiere Prati o quella ben più famosa di Ponte Milvio resterà piuttosto deluso: ma non per questo la città eterna si presenta in “Acqua d fiume” meno carica di fascino e pathos e non sarà difficile farsi travolgere dalla storia perennemente in bilico tra un romanzo d’amore, un testo di denuncia e un libro giallo dove il protagonista dovrà risolvere l’enigmatico rapimento di un piccolo zingaro virtuoso del violino e con un sistema famigliare tipicamente complicato alle spalle.

Per portare a termine questa ennesima impresa il senzatetto creato da Vicario dovrà saper dare un indirizzo definitivo alla sua storia d’amore con il magistrato Anna Ungaro, dovrà riuscire a convivere con i rimorsi del suo passato e dovrà trovare nei suoi compagni di vita (Aldo e Lillo, con cui condivide un vagone abbandonato non lontano da Termini) quei “partner in crime” che seppur con qualche sin troppo casuale colpo di fortuna lo aiuteranno a raggiungere lo scopo del suo incarico e riconsegnare ad un piccolo zingaro senza futuro una vita con le porte spalancate sul futuro.

Acqua di Fiume ha tutto per trascinare il lettore nella sua corrente: una scrittura asciutta, pulita ed essenziale, uno stile che sembra somigliare ad un copione cinematografico; ogni capitolo sembra essere una scena di un film in cui il lettore si sente parte attiva arrivando a sentire sulla propria pelle le preoccupazioni, le paure e le emozioni dei protagonisti.

Dopo aver risolto brillantemente il suo secondo caso (si, ce la farà anche questa volta), il senzatetto Andrea sembra già essere proiettato su un altro enigma cui trovare una soluzione, evocato nell’ultima pagina del libro. Una corda idealmente lanciata nel vuoto e che il lettore si ritroverà a cercare di afferrare per continuare a correre, scoprire ed emozionarsi con il senzatetto più intuitivo d’Italia. 

Daniele Bonetti

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