Agguato al lago rosso. Oronzo Mazzotta, una bambina e la misteriosa scomparsa di Alessandro Berruti
Un giallo che si inserisce come secondo volume in una trilogia scritta da Peter Gènito, ambientata nel Salento con per sfondo e cornice lo splendido Lago Rosso. Un giallo di ben 286 pagine che si riallaccia al primo libro della trilogia, dal suggestivo titolo “Lecce Homo”. Ma una trama che anche alla fine di questo volume lascerà al lettore la certezza che la storia è ancora aperta, incompiuta. Forse parte della soluzione da trovare sta nel fatto che siamo dentro alla parallela costruzione di una doppia storia, costellata di flash back reali o narrativi che rimandano indietro nel tempo.
Da un flash back del 2008 che rimanda a un’indagine di Oronzo Mazzotta, passiamo a quello di un confuso risveglio di una quattordicenne sballata nel 2010 per finire nel 2012 con gli incubi di una sedicenne costretta a confrontare con una realtà..
L’attualità della protagonista, Cristina Berruti, nel 2022, moglie di uno scrittore e docente Nicola Pagliara e madre di una bambina, Martina di quasi dieci anni, è di essere una giovane donna ancora segnata da quel passato che l’ ha condizionata pesantemente. Dopo la morte prematura dei genitori, sua madre aveva perso la vita nel terribile incidente che aveva ridotto il marito Martino a muoversi in carrozzella e suo padre in seguito era stato vittima di un delitto insoluto, Cristina ancora piccola era stata affidata alle cure degli zii, Alessandro Berruti, giornalista di fama ed Elsa Morganti, da quel momento diventati a tutti gli effetti i suoi genitori adottivi.
Ma in un periodo convulso, turbolento e di contestazione dell’ adolescenza, contraddistinto da eccessi e frequentazioni sbagliate, Cristina una sera del 2010, al suo ritorno a casa dopo una nottata brava, non li aveva più trovati. Volatilizzati , scomparsi entrambi senza lasciare traccia, una parola, una qualunque spiegazione per la nipote quattordicenne, con il loro atto resa orfana due volte.
L’adolescente era stata affidata alle cure della nonna, nonna Irma ex bidella poi ex lavorante in una pasticceria che viveva da sola a Galatina in una modesta casetta, sul grande corso alberato che porta verso Soleto, a meno di mezz’ora di macchina da Lecce dove oggi Cristina vive con la famiglia. Nonna che per lei si era dimostrata un sostegno e un importante e solido pilastro affettivo. Nonna che aveva trovato il modo di mantenerla agli studi, dandole la possibilità di frequentare l’istituto d’arte e diplomarsi.
Cristina traumatizzata da quella sparizione da lei vissuta come un abbandono, un rifiuto, se ne era accusata e nel subconscio continuava e forse continua a farsene una colpa. Si era affidata alle cura di uno psichiatra. E forse solo per questo, per cercare di capire o magari scoprire qualcosa sulla non ancora metabolizzata sparizione degli zii, che nell’aprile del 2022, aveva accettato, anche su suggerimento del marito e di Gerasa, suo agente ed editore, di partecipare alla trasmissione Chi l’ha visto.
E forse era stata proprio quella partecipazione l’incidentale causa scatenante degli eventi successivi arrivata a turbare, dopo anni di sereno matrimonio, la sua vita e la sua serenità perché a breve distanza cominceranno a ripresentarsi strane tracce legate al passato. Cristina è convinta che una anonima macchina, un suv, segua sua figlia quando si reca a scuola e dichiara di aver misteriosamente ritrovato il telefono cellulare di Alessandro Berruti, suo zio. Telefono sul quale riceverà una prima chiamata anonima. Strani accadimenti che potrebbero essere solo fantasia, ma che la faranno sprofondare nella confusione e nel terrore. Ma nessuno intorno a lei le crede realmente che il caso dei coniugi scomparsi possa riaprirsi. Tutti la ritengono solo vittima di un trauma mai superato e che le ha lasciato addosso l’angoscia e una costante sensazione di pericolo.
Ma il coinvolgimento di una brava investigatrice cambierà le carte in tavola. La donna, abile e stimata anche dalla polizia, è disposta a crederle e a indagare. Pare che abbia trovato qualcosa… Ma la morte è in agguato e pronta colpire duramente Cristina anche nei suoi affetti. Quando poi arriverà anche una lettera… Nicola Pagliara, marito di Cristina, in un’afosa mattina di fine estate del 2023, si recherà a cercare l’aiuto del commissario Oronzo Mazzotta.
Forse alla Cava di bauxite di Otranto potrebbe esserci un indizio in grado di suggerire la soluzione di un caso irrisolto per molti e, non solo per Cristina, motivo di dolore…
Il suo futuristico ritorno in scena inserisce nella narrazione il commissario Oronzo Mazzotta, nelle vesti di una attenta guida “virgiliana” in un inferno interiore, fatto di dubbi, di particolari motivazioni e di insicurezze dei personaggi che si muovono in un sottobosco legato al subconscio.
Un romanzo che confrontandosi e andando a scavare nel profondo della psiche riflette e si fa specchio di tante umane paure. Un thriller particolare, con molte caratteristiche di un poliziesco a tinte noir ma e soprattutto di un giallo psicologico.
Nota geografica ambientale:
Il nome Lago rosso è una metonimia, ovverosia una figura retorica tradizionalmente inserita tra le metafore, come fattore di ‘sovvertimento’ con per effetto la sostituzione di un’altra parola. Quindi non si tratta dunque di un vero un lago di bauxite, ma di un deposito d’acqua formatosi in modo naturale in una cava di bauxite. Il Lago Rosso infatti non è altro che il residuo di un giacimento di estrazione mineraria dismesso. Cosa che ha provocato la rinaturalizzazione del territorio in un nuovo ecosistema ricco di flora e fauna. Dopo l’abbandono della cava, grazie alle infiltrazioni d’acqua di una delle tante falde presenti nel territorio carsico, pian piano si è creato un laghetto Tutto intorno, la terra, colorata dalla presenza dominante del minerale, appare di un colore rosso intenso e mette ancora di più in risalto il verde brillante delle acque stagnanti, che rispecchiano la vegetazione circostante. Il Lago Rosso non è balneabile. Ma, nel rispetto della natura, la terra intorno alla bocca della antica cava, grazie al suo colore rosso intenso, viene ancora oggi utilizzata per la produzione di colori per l’artigianato locale,