Angolature Noir – Valerio Calzolaio



Valerio Calzolaio
Angolature Noir
Linea Edizioni
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Prefazione di Massimo Carlotto
Un libro, una semi enciclopedica ricostruzione esplicativa e quasi un saggio su un ampio settore di letteratura “noir” arricchito dalla prefazione di Massimo Carlotto e visto con lo sguardo acuto puntuale e talvolta volutamente scanzonato di un grande scrittore e critico. Un testo intrigante che si fa leggere e ci costringe a riflettere.
Pieno di idee, di imput originati da meditata valutazione personale, ma anche un compendio di quanto e perché si è scritto e si continua a insistere nel cosiddetto genere NOIR.  
Il titolo Angolature noir si riferisce sia al rapporto tra le varie forme letterarie che al percorso diverso e apparentemente disordinato di tutto quanto può essere inglobato nel genere. Sappiamo, infatti, che meccanismi, espedienti, tecniche, regole, stili, vedi  narrazioni in prima o terza persona,  uso del tempo presente o passato e punteggiature originali,  riguardano più i romanzi piuttosto che i  saggi ma sono ormai  diventati patrimonio condiviso e indiscusso di ogni forma letteraria.
Un libro, questo di Calzolaio, in cui si scrive, e  si prova a sviscerare  il noir e i suoi perché. E in appunti, articoli e impressioni dei testi citati troveremo anche le spiegazione sul perché dell’adozione di questo termine per quella che un tempo era piuttosto letteratura gialla, polar (Francia)  o poliziesca ( con i precursori Poe, Conan Doyle, Agatha Christie, Simenon e gli americani Hammet, Hunter/McBain, ecc, ecc).  E l’interpretazione del “nome” italiano giallo (nato dalle copertine Mondadori)  in alcune altre lingue,  con le varie similitudini  dove domina il termine  krimi….
Termine ormai invece strettamente applicabile alla letteratura criminale cinematografia e letteraria  e diventato  un sinonimo di noir. Termine che ci rimanda al famoso titolo Romanzo criminale, grande testo precursore italiano del genere, opera di  Giancarlo De Cataldo. Conseguenza: oggi tutto è o sembra noir e nulla è più proprio un giallo (un poliziesco). Emerge in particolare il fatto che il noir sia diventato soprattutto  stile, movimento, sensibilità, atmosfera fatta di disagi e imperfezioni. Così come poi è la vita. Senza considerare che, nel 2024, i giallisti si sono ridotti a rappresentare solo uno spicchio di quelli scrittori stretti tutti insieme sotto l’eccessivo, discutibile e  ingombrante ombrello del noir. Un appellativo  che “tira” di più e copre ogni variante, esperimento o  deviazione rispetto al mystery, l’hard-boiled o il giallo classico.
Calzolaio  ricorda nel suo libro come il “poliziesco” sia stato visto troppo spesso come una letteratura  popolare,  di genere,  ma era davvero  così? Certo è che le due parole affiancate hanno costretto alcuni editori, preoccupati che il termine “genere” sommato a popolare svalutasse la qualità, a imporre agli autori altre scelte.  E invece… Valerio Calzolaio affronta infatti un altro tema fondamentale dicendo: “La scrittura non è scienza esatta, dipende da tanti fattori quali: un buon incipit, l’ insieme, lo stile, la trama, e il ritmo … E ciò che conta di più è la buona qualità di un  romanzo.
Ovviamente, in certi momenti, fasi, cicli dell’esistenza si dovrebbe leggere di più o meglio molto (cosa non troppo congeniale in Italia), e anche “non” di genere, per poi sviluppare interessi e gusti letterari, anche secondo fasi  e circostanze delle proprie vite.  E magari in altri momenti non leggere e dedicarsi persino ad altro,  agli altri…
“Mi è piaciuto, non mi è piaciuto”. Nelle critiche di Calzolaio scritte in tanti anni, si può imparare a  riconoscere i migliori romanzi.
Sono già state scritte storie o enciclopedie, manuali, guide, dizionari  (e pure un ottimo dizionario bibliografico del giallo), perlopiù a scala nazionale o sovranazionale occidentale.
La prima parte di questa opera offre qualche spunto italiano volutamente parziale. E qualche riflessione: esistono svariate angolature noir nella geografia e nella storia della penisola. 
Calzolaio infatti ha letto (e spesso recensito) una parte significativa e talvolta tutti i libri e i racconti di numerosissimi scrittori e scrittrici, i cui nomi allega generosamente in un corposo elenco. E, mettendo le mani avanti, si dispiace in anticipo se ha dimenticato qualcuno, ma volutamente non ha preso a esempio per il suo libro scrittori o scrittrici italiani.
Un testo ben concepito in cui, pur citando in particolare alcuni autori e quindi  privilegiandoli, fornisce un  quadro ampio e  approfondito  delle differenti personalità  che animano l’intera letteratura poliziesca. Una specie di calderone delle streghe in cui convivono menti, inquietudini, idee e grande creatività.
I suoi tredici “casi speciali” messi sotto la lente ed esaminati più accuratamente, rappresentano un arcobaleno di geografie ed ecosistemi. Sono personalità in grado di spaziare su diversi registri emotivi, talora contemporaneamente. E quindi dieci autori e autrici vivi e  tre morti ma operativi fino all’inizio del nuovo millennio  (Izzo venuto meno nel 2000, Hunter nel 2005, Konaté nel 2013). Sette dei tredici sono europei, ben quattro i francesi (difficilmente inquadrabili sotto uno stesso “genere”), un norvegese (in rappresentanza del filone  maschile “nordico”), due grandi scrittrici, spagnola e  svedese. Poi due statunitensi, due africani molto biodiversi (un maliano francofono e  un sudafricano boero), un messicano (di origini spagnole), un  cinese (di radicamento statunitense), riuniti insieme a ben rappresentare una meticcia  universalità.  Per sua scelta (forse per un eccesso di potenziale rappresentanza?) manca una delle “patrie” del settore , l’Inghilterra.
Ma i tredici autori citati da Calzolaio sono grandi scrittori, talora creatori  di veri e propri capolavori della letteratura,  tutti riuniti sotto il democratico e contagioso  “ombrello” del noir.
Ognuno di loro  tuttavia  rappresenta un caso a sé : Bussi scrive  gialli scientifici, Giménez-Bartlett e Vargas commedie nere, Holt gialli noir sociali, Izzo hard-boiled sentimentali, Konaté  gialli sincretico-spirituali, McBain ha mescolato i generi con la squadra e il gioco letterario, Meyer e Winslow hard-boiled  aggiornati, Nesbo crudi thriller, Pennac polizieschi da realismo magico, Qiu gialli sentimentali, Taibo II western gialli…
Nella terza parte  del libro si fa cenno all’uso contemporaneo e sinergico di molti media (anche musicali) per i libri e si accenna criticamente all’utilità dei vari festival, alcuni un eccellente palcoscenico,  altri meno  e delle tante presentazioni  in agguato dietro l’angolo ogni settimana. Sicuramente  si fa tanto e di tutto,  il che talvolta si rivela poco utile.  Si rischia di trasformarsi in maniacali  burattini, magari a qualcuno serve, ma può anche diventare una brutta sorpresa, un rischio da evitare.  Insomma  bisogna sapersi rendere conto come in certi casi  il troppo stroppi…   

Patrizia Debicke

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