Calypso Bar



Marco Minicangeli
Calypso Bar
Ensemble
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Prima  del suo ultimo recente e fortunato Hard Boiled Love uscito nel 2018 ad aprile nella collana Delos Crime, nel 2017 Minicangeli aveva ripubblicato una saga per InKnot la triade cominciando da Conti in sospeso”, che aveva visto  la luce abbondantemente rieditato. È sempre un’esperienza interessante ritornare ai vecchi romanzi che spesso marcano una distanza temporale da quello che uno era e costringono a fare i conti con te stesso. Gli altri due sono La storia sporca e All’ombra del suo corpo. Quasi vent’anni, il tempo è malandrino, sono passati dal suo “Malaroma. Guida al lato oscuro della Città Eterna”, scritto con ad Aldo Musci. Calypso Bar dimostra alla grande quanto questa bella ma povera, sporca, e trascurata capitale sia cambiata in peggio, e sia diventata sempre di più ambientazione ideale anzi un humus paurosamente fertile per ospitare le trame nere. Minicangeli e altri ne hanno scritto e parlato per primi senza la spinta e il potente avvallo della grandi case editrici, che vi fondano le loro attuali vetrine supermarket. Se questo ha concesso loro maggiore libertà di parola, purtroppo li ha ferocemente puniti dal punto di vista visibilità e diffusione. Comunque pronti a sfatare la dimostrazione di quanto detto con questo ritorno in libreria di Minicangeli con il suo Calypso Bar?                    Un incipit che è un flash back e ci rimanda lontano nel tempo, alle bravate a limite della delinquenza minorile dei ragazzi della Primavalle di allora. Oggi lo scenario è lo stesso, i personaggi, quelli che la droga non ha falciato, sono ancora loro e il protagonista è lui Massimo, quello tra loro che in qualche modo si è fatto strada, quello che messo fuori il naso da Primavalle ha fatto bene l’università ed è approdato alla redazione del Messaggero, ma che porta sempre in fondo all’animo come un ancora che ti incolla a un fangoso inestricabile fondale, l’iniqua punizione di essere stato un ragazzo di Primavalle. L’università ha provato a cambiarlo, ma niente mai l’ha guarito o potrà guarirlo dalla disillusione e da quella sordida tara inflittagli da coloro che credeva cari amici. Solo Calypso Bar è là, sta la, e resterà sempre là, unico vero e reale pilastro portante della sua vita Agosto romano bollente, quasi insopportabile. Redazione ai minimi storici con i pochi rimasti che si palleggiano gli articoli. Cronaca nera in primo piano: due persone fatte fuori senza ragione e senza pietà nei pressi di un autogrill del Grande Raccordo Anulare, droga a gogò, uno spacciatore ritrovato massacrato al Tiburtino, la strana morte per “infarto” della figlia strafatta del più importante immobiliarista romano tingono di sballo e di sangue le notti di una torrida capitolina. La città, semideserta, si trasforma nel muto testimone, troppe cose costringono a girare la testa dai fatti, in distaccata attesa che gli indizi, ce ne sono e tanti, si colleghino tra loro. Ormai cacciato a forza, anche in nome della vecchia amicizia, tra le pieghe e le ombre di questi casi, Massimo Foschi proverà a ogni costo, attirandosi botte e minacce a trovare il bandolo della situazione e, seguendo un impalpabile e mortale filo di Arianna a  sbrogliarne le trame. Ma sarà mai possibile? Ad aiutarlo in questa “storiaccia”, in questa impresa può contare davvero solo su Grancio, vecchio amico d’infanzia, unico sciancato superstite figlio del microcosmo del Calypso Bar, locale frequentato da Massimo sin da ragazzo e che assume quasi un ruolo chiave nella storia. Pagine sfrangiate da continui spesso strazianti flash back rivelatori che pian piano ricostruiscono storia e protagonisti. Una storia dura, troppo credibile purtroppo per non sembrare reale, che non ci mette di buon umore, ma sicuramente in guardia. Unico raggio di sole in tanta turpitudine ancora quel po’ di senso irrinunciabile di vera romanità legato a Primavalle.

 

 

Patrizia Debicke

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