Attraverso le pagine di un libro puoi guardare negli occhi un assassino. Intervista a Santiago Dìaz – Il padre.

È finalmente arrivato in Italia, grazie a Giunti, “il Padre”, straordinario thriller di Santiago Diaz, sceneggiatore cinematografico e televisivo spagnolo ritenuto una delle più interessanti voci della novela negra spagnola.

Santiago, i tuoi libri parlano della necessità di giustizia e della differenza e distanza spesso esistente tra legge e giustizia. Pensi che questo sia uno dei temi principali del nostro tempo? In Talion ( Il taglione ndr.) il tuo primo libro, hai parlato anche di vendetta…
Sì, senza dubbio. In molte occasioni sentiamo che non viene fatta abbastanza giustizia ed è per questo che ci sentiamo frustrati. Nella vita reale protestiamo solo per le strade, ma in un’opera di finzione è normale che i personaggi prendano la giustizia nelle proprie mani. E nei miei romanzi mi piace parlare di questo, di personaggi che si sentono al limite e reagiscono visceralmente.

Come è nata Indira, la tua protagonista, una donna fragile e allo stesso tempo combattiva, che affronta quotidianamente un nemico che non può vincere: i microbi?
Ho cercato di scappare dalla tipica figura del poliziotto con problemi di alcolismo o senso di colpa e volevo cercare un nemico invisibile, qualcosa che solo lei poteva percepire. Ho subito pensato a una malattia mentale, e da lì il disturbo ossessivo-compulsivo di cui soffre. Oltre a isolarla dai suoi compagni, questo mi ha aiutato a portare una certa comicità nelle trame, a dare uno sprazzo di luce in mezzo a tanta oscurità. Ma a parte questo, Indira è una magnifica poliziotta, cosa che tutti i suoi compagni riconoscono e apprezzano.

Cosa possiamo trovare di te nei tuoi libri?
Un sacco di cose. Penso che il modo migliore per dare credibilità a una scena sia cercare di trasmettere ciò che noi stessi abbiamo vissuto. Non è lo stesso parlare di amore o crepacuore se non ti sei mai innamorato o non sei mai stato lasciato.

Sei uno sceneggiatore, questa tecnica di scrittura ti aiuta a costruire le tue trame?
Senza dubbio. Faccio lo sceneggiatore da 30 anni, e ho cercato di applicare nei miei romanzi tutto ciò che ho imparato scrivendo per la TV o il cinema. Il miei imperativi sono: non annoiare, far succedere molte cose e far procedere sempre l’azione.

Passione, tecnica e fantasia. È questa la ricetta per scrivere un buon libro? In quale percentuale?
È qualcosa a cui non so come rispondere. Ogni scrittore lo fa a modo suo Per me tecnica e passione sono fondamentali: senza passione, la storia ne risentirà, ma devi saper portare le tue idee dalla testa alla carta. Per quanto riguarda la fantasia o il talento, è evidente che, più ne hai, più possibilità hai di scrivere un buon romanzo.

Come nascono le tue trame? Inizi con il personaggio o la storia?
Per prima cosa cerco una storia da raccontare, e quasi allo stesso tempo emergono i personaggi che la reciteranno. Quello che faccio prima di iniziare a scrivere è creare una biografia di ogni personaggio. Questo mi aiuta a conoscerli bene e a sapere come reagiranno in ogni situazione che incontreranno.

Cosa deve avere un personaggio per essere interessante?
Deve essere reale, con i suoi difetti e le sue virtù, e deve avere qualcosa che riesca a creare empatia con i lettori. Questo non significa che debba necessariamente piacere, ma si deve capire perché agisce nel modo in cui agisce. Potrebbe esserci un personaggio che risulta odioso al lettore ma che è un grande protagonista per il romanzo.

La lunga serialità è un’opportunità o una gabbia?
Se i personaggi sono contrastati, funzionano e c’è una chiara evoluzione in loro, possono recitare in diversi romanzi senza alcun problema. L’importante è che continuino ad avere cose interessanti da raccontare.

Un thriller è un viaggio nel male della società. Quali sono le armi che uno scrittore ha per descrivere quel male? Come ti identifichi con esso?
La cosa grandiosa del thriller e del romanzo poliziesco in generale è che ti permette di entrare in luoghi che nella vita reale non sono sicuri, ed è lì che di solito abita il male. Attraverso le pagine di un libro puoi guardare negli occhi un assassino e descrivere come ti fa sentire. Se riesci a farlo capire ai lettori, vorranno saperne di più.

È sempre possibile spiegare il male?
Al contrario; non è quasi mai possibile spiegare perché certe persone fanno il male, spesso per puro piacere. Più comunemente, soffrono di un certo grado di psicopatia, ma per la maggior parte di noi è difficile accettarlo: qualcuno può capire perché ci sono persone che maltrattano o uccidono altre persone o animali?

Chi sono i mostri?
Quelle persone di cui ho parlato nella domanda precedente: persone incapaci di empatia per chiunque e che agiscono solo mosse dal proprio piacere e interesse.

Parlare solo di omicidi e rapimenti è un modo riduttivo di descrivere il romanzo criminale. Come lo definiresti?
Il romanzo poliziesco è un genere in cui accadono cose violente. Attualmente il thriller, i romanzi polizieschi o i romanzi gialli sono tutti racchiusi nel genere noir, e questo perché i lettori non si accontentano più di una cosa sola.

Quali sentimenti vuoi suscitare nei lettori?
Oltre a intrattenere, mi piace che i miei romanzi ci facciano riflettere, che ci chiedano cosa farebbe ognuno di noi nella situazione dei personaggi. E molte volte saremo sorpresi dalle nostre risposte.

I lettori hanno bisogno di speranza alla fine di un romanzo poliziesco?
No. Proprio il romanzo poliziesco è un genere che può finire molto male e lasciare comunque soddisfatti i lettori.

Per scrivere, devi isolarti o immergerti nel mondo?
Dipende, ognuno ha il suo modo. Io ho bisogno di immergermi nel mondo per trovare le mie trame e creare i miei personaggi, ma poi, quando si tratta di scrivere, ho bisogno di tranquillità. Sono uno di quelli che hanno bisogno del silenzio assoluto per potersi concentrare.

Qual è la cosa più bella che i lettori hanno detto dei tuoi libri?
Qualcosa che amo e mi infastidisce in parti uguali: che hanno impiegato a malapena un giorno o due per leggerlo. Con tutto il tempo che mi ci è voluto per scriverlo! Ma se non sono stati in grado di interrompere la lettura, è perché gli è piaciuto, e questo è un premio per il mio lavoro.

Santiago, grazie mille per il tempo che mi hai dedicato. Spero di vederti molto presto in Italia
Speriamo di sì. Saluti e grazie mille per la vostra intervista.

MilanoNera ringrazia Santiago Dìaz e Giunti per la disponibilità,
Qui la nostra recensione a Il padre.
Per la foto di Santiago Dìaz ringraziamo @hanska literary

Cristina Aicardi

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