Da Buenos Aires a Ushuaia in Vespa (seconda parte)

Percorrendo la provincia del Rio Negro lungo l’alto corso dell’omonimo fiume, il deserto lascia spazio a rigogliosi frutteti dove pesche, albicocche, ciliegie e fragole sono di stagione. Passata la città di Nequen, la strada attraversa nuovamente una zona desertica, che qui ha un aspetto quasi lunare. La vista del lago Ezequiel lascia incantati: le sue acque sono di un’incredibile blue cobalto reso ancora più evidente dal contrasto con le rocce scure e la sabbia rosseggiante. Superata Piedra de Aguila il paesaggio ricorda molto quello dei film western, con morbide colline modellate dal vento e scoscesi pendii rocciosi. Lentamente la strada sale di quota (arriveremo a oltre 1.200 mt.) e per la prima volta vediamo in lontananza le Ande, con le cime più alte ricoperte di neve. A sera raggiungiamo San Carlos de Bariloche sotto una pioggia gelata a cui si mischiano pesanti fiocchi di neve. Il nostro cammino attraverso la Patagonia in questo tratto segue la strada che viaggia mantenendosi ai piedi della cordillera andina.

Poco oltre la città di Esquel incappiamo in un secondo incidente stradale, alquanto singolare. Un immenso gregge di migliaia di pecore governate da “gauchos” a cavallo invade la strada proprio mentre passiamo in carovana. Due di noi si tamponano finendo a terra con le loro Vespa: mentre per uno non ci sono conseguenze, per l’altro si tratta di frattura della caviglia destra, e quindi siamo costretti a chiudere anzitempo anche questa tappa per l’indispensabile ingessatura. La nostra tabella di marcia è già in crisi dopo pochi giorni di cammino e in questo drammatico frangente si evidenzia la grossa differenza tra questo nostro modo di viaggiare e quello di Giorgio. Invidiabile il potersi gestire le tappe da solo, senza guardare l’orologio o il calendario, ma basandosi sulla luce del sole o sull’umore, che magari ti fa stare in sella per tutta una notte di luna piena, ma che ti permette anche di fermarti quando ti pare e riordinare idee e pensieri. Viaggiare in un gruppo numeroso come il nostro, con i tempi calcolati, sapendo che per un certo giorno c’è già un biglietto d’aereo prenotato per tornare a casa rende tutto un po’ più complicato.

Il giorno seguente la nostra marcia riprende: ora sono due le Vespa caricate e due i feriti al seguito della spedizione. Viaggiamo senza concederci soste e nel tardo pomeriggio arriviamo nella polverosa cittadina di Rio Majo. Cambiamo gli pneumatici alle nostre Vespa sostituendoli con i tassellati da fuoristrada: da qui in avanti e per un bel pezzo l’asfalto sarà solo un ricordo. Il giorno seguente con prudenza ci avviamo sullo sterrato (che qui è denominato “ripio”) della mitica Ruta 40: nei lunghi rettilinei riusciamo a viaggiare a 70 km/h e anche oltre. Il vento è sempre presente e ci crea grosse difficoltà, particolarmente nei tratti spazzati dalle raffiche più intense. Ci inoltriamo in un paesaggio che si fa sempre più affascinante; viaggiamo attraversando una sconfinata distesa di polvere, sassi e cespugli tagliata in due dal tracciato della strada. La sensazione di essere sbarcati su un altro pianeta è fortissima. Avvistiamo branchi di “guanaco”, il lama selvatico, che ci capita di ritrovarci in mezzo alla strada e mandrie di cavalli selvaggi. Riusciamo anche ad avvistare dei “nandù”, gli struzzi sudamericani, oltre ovviamente ai simpaticissimi “armadillo”.

Alla sera per dormire piantiamo il campo nel bel mezzo di questo affascinante “nulla”, con la strada come unico riferimento. I tramonti sono qualcosa di sensazionale, interminabili. Più andiamo verso sud più il cielo resta chiaro a lungo (quando arriveremo a Ushuaia il sole tramonterà ben oltre le 23 per lasciare spazio all’alba poco dopo le 4 del mattino!). Quando finalmente cala la notte lo spettacolo è incredibile, con la nitida visione della Via Lattea e la costellazione della Croce del Sud come riferimento nel cielo, quaggiù dove la Stella Polare non è più visibile.

Arrivati a El Calafate riusciamo a rimetterci in pari con la nostra tabella di marcia e percorrendo un’ottantina di chilometri di cui la metà asfaltati ci rechiamo a visitare il Ghiacciaio Perito Moreno: lo spettacolo offerto dal ghiacciaio è qualcosa da togliere il respiro, difficile da spiegare a parole. Il fronte del ghiacciaio è alto più di 60 metri e si resta in silenzio ammirandolo e ascoltando la sua “voce“, fatta di scricchiolii e sordi schiocchi a volte tanto forti da sembrare vere e proprie esplosioni. Di tanto in tanto, improvvisamente, enormi blocchi di ghiaccio grandi come palazzi si staccano con un rumore pazzesco finendo nel lago sottostante in un esplosione di spruzzi.

Mentre sistemo la mia Vespa nello spiazzo che fa da parcheggio per i visitatori uno sconosciuto mi si rivolge in un curioso idioma italo/anglo/spagnolo:

<< Hola! Are you italiano? >>

<< Si, yes! we are from Italy >> rispondo altrettanto approssimativamente. Quindi il tizio riprende la parola:

<< From Italia with Vespa? Muy lindo! Do you know Giorgio? >>

<< What !?! >> rispondo stupito: tra di noi non c’è nessuno che si chiama a quel modo.

<< Do you conosci Giorgio... from Italia... Giorgio... Giorgio Mr Vespa! >>

Capisco al volo: << You mean Giorgio Bettinelli! >> Dal suo grande sorriso capisco di aver fatto centro. Parlando a gesti e in varie lingue mi racconta di essere di origini italiane (come gran parte della popolazione argentina) e di aver conosciuto Giorgio anni fa, quando era emigrato nientemeno che in Alaska. In quei giorni incontrò Giorgio che si accingeva a partire per il suo viaggio “dall’Alaska alla Terra del Fuoco”. Mai mi sarei aspettato una cosa del genere a questa latitudine!

Di seguito, alcuni video girati durante il viaggio:

http://www.youtube.com/watch?v=wNjjjMA_XJQ

http://www.youtube.com/watch?v=3Mxpn2oS_oo

La terza e ultima parte del viaggio sara’ pubblicata martedì 24 luglio. Non mancate!

lorenzo franchini

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