Torna in scena Chantal Chiusano che avevamo conosciuta in Verde napoletano, poi ritrovata a Venezia in veste di commissario in carica per “I delitti della Laguna” , dove si era fatta affiancare dal personaggio cult di Letizia Triches, Giuliano Neri, per sbrogliare e risolvere un omicidio collegato a un complicato intreccio americano napoletano con potenziali legami con illeciti crimini nel mondo dell’arte. Stavolta invece tutt’altro altro fondale, via le gondole, via i canali e invece si passa direttamente al grande splendore ma anche a certe debolezze legate alla capitale che ritroviamo in questo nuovo romanzo tutto romano. Eh già, perché nel 1992, Chantal Chiusano da due anni è stata trasferita a Roma, e vive al quinto piano di una palazzo un po’ vecchiotto del Testaccio. Nessun posto o quartiere fino ad allora hanno mai dato a lei, ischitana puro sangue costretta a nascondere la pena di un lutto che l’aggredisce spesso e a tradimento, un vero senso di appartenenza, insomma la capacità sentirsi di nuovo quasi in pace con se stessa. Sarà anche per l’amichevole complicità che le lega alla sua dirimpettaia di pianerottolo. Ma un poliziotto ha il suo lavoro da fare e Chantal Chiusano è un bravo poliziotto, sempre pronto a mettersi in gioco. Un feroce delitto è stato scoperto a Villa Fedora, nel quartiere Coppedè, proprietà indivisa degli eredi di un famoso cineasta romano Alberto Fusco, scomparso da diciotto anni, e nulla è stato toccato da allora. Molte stanze sono in disordine ma mancano segni di effrazione. L’assassino o conosceva la vittima, una donna che l’ha fatto entrare o ha usato proditoriamente la chiave. La morta, massacrata al volto con un pesante oggetto contundente, è Liliana Fusco, 54 anni, nuora del defunto. Il delitto è stato scoperto poco dopo le otto di sera da sua figlia Magda, una ragazza fragile e complessata che era venuta a prenderla. Liliana Fusco da giovane era stata anche l’assistente segretaria del suocero e dopo la sua scomparsa era diventata quasi il nume tutelare della villa e dei suoi ricordi. Da giorni Villa Fedora era stata attrezzata come set cinematografico per un film documentario celebrativo di Alberto Fusco e tutti i componenti della famiglia volenti o nolenti erano stati coinvolti nella produzione. Un ladro sorpreso in flagrante? Insomma è difficile a prima vista capire se manca qualcosa, perché sportelli e cassetti solo stati aperti e diversi monili sono sparpagliati in giro. Ma la villa imponente e così spaziosa da sembrare un labirintico memoriale, o forse meglio un museo, è sovraffollata ai limiti dell’inverosimile di mobili e oggetti. A ben vedere Villa Fedora pare quasi più un irreale scenario teatrale ideato ad hoc dal suo padrone piuttosto che una casa. Forse l’assassino cercava qualcosa di particolare? Ma Villa Fedora contiene soltanto oggetti d’arte e ricordi legati ad Alberto Fusco? Nascondeva magari qualcosa? Il commissario Chantal Chiusano e l’ispettore Ettore Ferri, suo vice, per riuscire a fare luce su quella una tragica vicenda dovranno andare a fondo, scandagliando il presente ma e soprattutto il passato. C’era qualcosa di oscuro nel passato di Alberto Fusco, regista famoso, marito e padre esemplare ma conosciuto anche come inveterato “tombeur de femmes”? A conti fatti “Delitto a Villa Fedora” è il classico giallo deduttivo con un’ indagine da manuale condotta dai due bravi investigatori, validamente affiancati dai suggerimenti e dalle intuizioni del medico legale Giovanni Pozzi. Tutti insieme dovranno rivelarsi una squadra in grado di fronteggiare e selezionare il nutrito ventaglio di potenziali assassini. Certo che, escluso un elemento estraneo, parrebbe che gli intrighi familiari dei Fusco & company siano troppo strettamente intrecciati al vissuto di quella splendida villa nel cuore di Roma. Ma c’è un ma, ed è un ma che conta, coinvolge e spiazza il lettore: il doppio binario. Il doppio binario adottato da Letizia Triches e introdotto dai continui flash back nella narrazione, che ci rimanda al passato, a diciotto anni prima, a un letto di ospedale e introduce man mano sprazzi, anzi sofferti frammenti di memoria di un paziente colpito da un gravissimo ictus. Frammenti spesso dolorosi, densi di colpi di scena e in grado di far intuire certe pericolose ambiguità caratteriali dei personaggi che potrebbero rivelarsi molto suggestive ed esplicative. Una soluzione da trovare dunque ardua, impregnata di amarezza e molto difficile per un giallo ben concepito e che coinvolge. Ben calibrato l’intreccio tra il ruolo professionale del commissario Chiusano, che fuma gouloises e sa giostrare alla pari in un mondo dei primi anni Novanta, ancora a prevalenza maschile, e la femminilità mai sopita di Chantal Chiusano, in cerca di una nuova e forse possibile serenità.
Letizia Triches – Delitto a Villa Fedora
Patrizia Debicke