Grazie al Noir In Festival abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Gino Vignali, attualmente in libreria con La notte rosa, Solferino.
Gino Vignali e Michele Mozzati, celebri come Gino & Michele sono tra i fondatori dell’agenda Smemoranda, hanno ideato Zelig e hanno pubblicato il famosissimo Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano, appena uscito in una versione aggiornata, Il Formichetti.
Costanza Confalonieri Bonnet, bella, ricca, sexy, intelligente , realizzata,libera e abile nel lavoro: hai creato un personaggio che aveva tutte le caratteristiche per risultare antipatica, specialmente alle donne e invece piace e anche molto. Come hai fatto?
Mi stai facendo un grande complimento, sai? È vero che c’era questo rischio e io stesso all’inizio mi ponevo il problema . Una donna senza difetti non è che richiami molta simpatia. Credo che la risposta alla tua domanda stia nel mio modo di scrivere. Io vengo da 40 anni di satira e di comicità e quindi la mia scrittura è predisposta a farsi voler bene, a ben disporre il lettore nei confronti della storia e dei personaggi. Comunque, in questo terzo libro, qualche problemino comincia ad averlo anche lei..
Ecco, appunto, questi problemi che arrivano a infastidire Costanza , sono una necessità dovuta alla crescita e all’approfondimento del personaggio o sono dovuti all’avvicinarsi della fine della quadrilogia?
Non lo so. Probabilmente la spiegazione più semplice è perché al terzo romanzo sto imparando a scrivere dei gialli. Chiunque sia appassionato di genere nota che i protagonisti dei noir sono solitamente delle persone molto problematiche, fa proprio parte dell’idea nel noir. Sherlock Holmes era un tossico, tanto per fare un esempio.Io invece avevo sempre detto di volere un personaggio molto solare, molto italiano, molto mediterraneo, alla Sophia Loren per capirci. I problemi ci sono ma chi se ne frega, mi dicevo. Al terzo libro mi sono accorto però che nello sviluppo di un racconto, di un plot, approfondire i problemi dei singoli personaggi aiuta. Se no rimane solo una sceneggiatura, una storia con dei protagonisti belli e simpatici. All’inizio andava bene così perché in fondo si trattava solo di presentare dei personaggi: In quella fase non era necessario entrare nei dettagli della loro personalità o approfondire la loro vita. Adesso invece, al terzo romanzo, ho capito che introdurre delle piccole crisi, delle dimenticanze, degli sbandamenti aiuta molto anche dal punto di vista meramente letterario, di sviluppo. Perché se no davvero fai proprio solo lo sceneggiatore: hai una storia, la racconti e te ne freghi dei problemi che hanno le singole persone mentre portano avanti un’inchiesta.
A proposito dell’imparare a maneggiare una storia gialla, in alcune presentazioni avevi detto che i tuoi libri erano pieni di morti ammazzati perché quello era il modo più semplice per uscire dai cul de sac in cui ti eri infilato..
Vero, lo dico spesso. Devo dire che anche in questo però sono migliorato. In questo libro non ho avuto la necessità di fare una strage (ride). Ci sono morti e non sono nemmeno pochi, ma li ho uccisi in quanto questo serviva alla storia, non perché non sapessi come uscire dalla situazione.
Sin dall’inizio era previsto che morissero. Anche in questo senso credo di avere imparato, risparmiando un sacco di vite…
La tua tetralogia è ambientata a Rimini, e ogni romanzo descrive la città in una stagione diversa.
Tu quale preferisci?
Molto sinceramente per me il primo libro è impagabile dal punto di vista scenografico. Lo sentivo molto. Rimini d’inverno è una rivelazione. A volte, certo non spesso, Rimini può essere seppellita dalla neve come nel 2012, evento che i riminesi chiamano il nevone. Immaginate una città che ha come cartolina il mare, gli ombrelloni, le discoteche e la gente in costume coperta da cinquanta cm di neve. Io mi ricordo che dovevo andare a cena in un ristorante sulla spiaggia, proprio davanti a casa mia, e ho messo i doposci che combinazione avevo in macchina perché venivo dalla montagna.
Quell’immagine di Rimini secondo me è impagabile, sia per chi la vive, sia letterariamente.
Rimini immersa in una stagione così inusuale per lei, è unica.
Leggendo il libro, mi sembra che, rispetto ai precedenti, sia aumentata la dose di sarcasmo e mi pare che tu appaia spesso tra le righe, facendo capolino qua e là spargendo battute e frecciate.
Può darsi, ma non è un progetto preciso e non l’ho fatto scientemente. Ogni tanto sento l’esigenza di non sentirmi uno scrittore di noir, di non dimenticarmi cosa ho fatto nella vita fino a un anno e mezzo fa. Di non illudermi di essere uno scrittore di gialli. Mi piace il genere, mi piace lavorare coi personaggi, costruirli, farli crescere e farli divertire, però io rimango uno scrittore satirico, comico. Per cui è possibile che mi sia lasciato un pochino più andare.
Il Vice questore Costanza Confalonieri Bonnet non sente l’esigenza di farsi chiamare questora.
Tu cosa pensi dell’uso di queste parole come sindaca, questora e assessora?
Massimo rispetto ma l’uso di queste parole non mi appartiene. Mi suona stonato, come una nota dissonante. Poi per carità , uno può avere accordato il proprio strumento con un’altra tonalità , e va bene così., ma al mio orecchio suona male, mi infastidisce e non sarei riuscito a scriverlo. Però dovevo in qualche modo giustificare questa scelta e quindi ho messo una sola riga per spiegare che lei vuole essere chiamata questore.
Sei un appassionato lettore di gialli, chi ti piace?
Gli italiani mi piacciono quasi tutti, devo dire, certo, con delle predilezioni . Lasciato da parte Camilleri perché è un fuoriclasse, quello che mi diverte di più è Malvaldi per la sua scrittura. Manzini è quello che secondo me sceneggia meglio, i suoi dialoghi sono strepitosi. Certo poi il personaggio di Schiavone è lontanissimo da me per quanto ti dicevo prima a proposito di drammi personali etc.
Però quello più vicino a me come stile è Robecchi, perché la scuola è la stessa. Noi ci conosciamo da 30 anni almeno, dai tempi di Cuore , e si capisce che abbiamo fatto lo stesso percorso letterario, che veniamo da Beppe Viola, da Gianni Brera, da Umberto Simonetta, da Jannacci, Cochie e Renato. La nostra è la scuola milanese che , secondo me, dal punto di vista stilistico è una delle scuole più interessanti che ci siano ma è misconosciuta. Se ci pensi,la maggior parte degli scrittori è meridionale.
Se ci fai caso, i, tutti gli autori di besteseller, anche nel nostro genere, vengono dal sud . Camilleri, De Giovanni, Carofiglio, Carrisi e altri che ambientano i loro libri nel sud d’Italia sono quelli che vendono tanto. Probabilmente sono i più bravi, nulla da dire, ma credo ci sia una sottovalutazione da parte del lettore di tutto quello che ha come riferimento Milano. Peccato, perché Milano invece ha una scuola letteraria molto originale, molto innovativa. Dal punto di vista del linguaggio, per esempio, se tu guardi uno sketch di Cochi e Renato di 50 anni fa, beh, sono avanti ancora adesso. È un discorso di modernità che però viene colto a fatica dal pubblico. E questo lo dicono le vendite dei libri, ma anche il cinema è così: se penso ai grandi blockbuster, ai grandi attori cinematografici italiani, sono quasi tutti meridionali: Sorrentino, Garrone, Zalone, Ficarra e Picone, Siani
Quindi, se tu dovessi fare un crossover, manderesti Costanza nel salotto televisivo della Flora de Pisis di Robecchi?
Io e Alessandro ci somigliamo molto come stile e come ironia. Apprezzo molto la sua scrittura anche se devo dire che non mi piace che il suo protagonista sia un autore televisivo che prende le distanze da quello che fa perché gli fa schifo. A mio modo di vedere è un po’ sminuente.
Cosa ti fa ridere?
Tutto. Non sono assolutamente uno snob della risata. Mi fanno ridere le battuta, le barzelletta, etc. Non ho preclusioni. Non ci sono battute intelligenti o stupide. È inutile stare a disquisire sulla comicità : o fa ridere o non fa ridere. Se fa ridere, funziona. Se non fa ridere, è inutile che la spieghi.
Davvero concluderai la storia di Costanza con il quarto libro?
Non lo so. Non ne ho idea. Non ho ancora chiaro cosa farò di lei. Ho una serie di opzioni: che venga trasferita, che rimanga a Rimini, che non si faccia cenno di nulla, che si stufi e torni dalla mamma a fare l’imprenditrice della moda. Non so davvero come chiuderlo e infatti durante gli incontri con il pubblico chiedo pareri e consigli, Per esempio a Rimini c’è stata una sollevazione quando ho detto che probabilmente l’avrebbero trasferita. Certo, mettendola in un nuovo ambiente si aprirebbero nuovi orizzonti narrativi…
MilanoNera ringrazia Gino Vignali e il Noir In Festival per la disponibilitÃ