Delitto al festival di SanRemo – Achille Maccapani



Achille Maccapani
Delitto al festival di SanRemo
Frilli
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La prima indagine del commissario Francesco Orengo
Un delitto eclatante commesso nella serata finale del Festival di Sanremo trasmesso in Eurovisione, segna l’esordio di un nuovo commissario ligure, Francesco Orengo. 
Trasferito nella riviera dei fiori da Torino, dove quand’era ancora ispettore capo era stato sfiorato dall’indagine conseguente alla tragedia in Piazza San Carlo, avvenuta la sera della finale di Champions a Cardiff, il commissario Orengo, che soffre di agorafobia e ama la buona tavola ligure, deve decifrare l’assassinio di Anton Giulio Tafuri perpetrato con due colpi di pistola dritti al cuore. La vittima in apparenza sembra pulita: campana d’origine, imprenditore di calzature con un notevole indotto di export verso le regioni del nord Italia. Ma l’esperienza insegna e le modalità dell’assassinio lasciano adito a pochi dubbi: cosa nasconde Tafuri? 
Amante del festival, ogni anno non si perde le cinque serate dedicate alla musica, figurarsi se poteva perdersi l’ultima edizione 2020 condotta da Amadeus e Fiorello, con l’irriverente comico siracusano che addirittura si improvvisa Maestro d’orchestra e dirige la Quinta di Beethoven. 
Ma qualcuno nell’ombra studia e osserva il facoltoso Tafuri che siede nella fila 22, in posizione centrale. Sa che tra una pausa e l’altra dovrà andare in bagno per vuotare la vescica, ed è in quel preciso momento che l’assassino fa scattare il piano studiato a tavolino. Si avvia rapidissimo e mentre l’Italia aspetta di conoscere il vincitore, esplode due colpi col silenziatore nei bagni dell’Ariston. 
La vittima viene scoperta il giorno dopo, le indagini sono coordinate dal Pm Roberta Belotti. Ad affiancare il commissario Orengo troviamo l’ispettore capo Canevari e la sovrintendente Linda Bettarelli. L’eclatante omicidio solleva un polverone mediatico che allarma il vicesindaco con delega al ramo Cultura e spettacoli, Cristian Oddera, e il questore Maurizio Di Leva, che non vede di buon occhio l’arrivo di Orengo. 
Ci sono poi i giornalisti affamati di notizie e c’è una ragazza, diventata donna, Martina Rebauda, che da troppo tempo aspettava il ritorno del commissario che ritrova casualmente proprio la sera dell’assassinio.  E c’è il proprietario dell’Ariston, Vittorio Rambaldi, che farà scoprire al commissario e alla sua squadra di investigatori un Ariston inedito, coi suoi sotterranei, con gli spazi impensati e misconosciuti, coi suoi segreti. Mentre cresce la pressione ai vari livelli per chiudere il caso in fretta, e il questore trama per liberarsi di Orengo, il commissario fiuta la pista giunta, verifica i filmati delle telecamere e continua a porsi la domanda chiave per risolvere il caso: come ha fatto l’assassino a introdurre una pistola nel teatro visti i serrati controlli ad ogni ingresso?
A fine indagine il nostro avrà anche la soddisfazione di ricevere una telefonata in diretta da Amadeus che vorrà congratularsi con lui. E lui potrà finalmente rilassarsi nella sua Castè in dolce compagnia.
Achille Maccapani, autore di lungo corso che ben conosce la terra di cui scrive, accantona temporaneamente l’altro suo protagonista, il capitano dei carabinieri Roberto Martielli, e alle gazzelle della Benemerita sostituisce le pantere della Polizia.
“Vivendo nel ponente ligure di confine –dice l’autore- avevo in testa l’idea di un commissario che portasse con sé il nome e cognome di due dei più importanti scrittori italiani con forti radici nel ponente ligure: Francesco Biamonti e Nico Orengo. Mi sono reso conto di come il commissario Orengo dovesse avere radici forte, chiare e definite, proprio nell’entroterra ligure. Per la precisione nell’estrema Val Nervia. E soprattutto in un luogo non molto conosciuto, ma di indubbio fascino. Ho quindi pensato al comune di Castel Vittorio che era perfetto per la costruzione del personaggio. In quel paese, infatti, i ceppi familiari principali sono racchiusi in due cognomi: Orengo e Rebaudo. Studiando inoltre gli elementi principali di quel territorio, di quella comunità, e di queste persone che vivono a Castel Vittorio, difendendo fino in fondo la propria identità culturale, i propri valori, le proprie tradizioni, mi sono reso conto che qui Francesco Orengo avrebbe potuto trovare la giusta dimensione umana nel migliore dei modi possibili. A quel punto, mi sono domandato da quale indagine potesse partire il commissario Orengo. E proprio mentre stavo progettando e buttando giù le prime idee, mi sono imbattuto nella serata finale del Festival di Sanremo (sabato 8 febbraio 2020).  Mi sono quindi domandato: e se, durante una pausa pubblicitaria, uno spettatore dovesse uscire dalla platea, dirigersi verso la toilette, e fosse ucciso, a sorpresa, cosa accadrebbe? Lo scoprirebbero subito o dopo? E soprattutto: è mai possibile una siffatta ipotesi?”
Dopo aver verificato che nessuno prima di lui avesse utilizzato tale idea che coinvolgesse la location dell’Ariston, s’è posto il problema di ricostruire la mappa interna del teatro. Per non essere condizionato da spazi e luoghi reali, e avere quindi mano libera nella narrazione, s’è basato sui ricordi delle varie produzioni tv: backstage, percorsi interni, lunghi corridoi, camerini. E tanta fantasia per un romanzo che si legge volentieri.
Conclude l’autore: “Dentro questa storia di crescita e di sofferenze non poteva che trovare spazio al suo esordio il commissario Francesco Orengo, un uomo rientrato da un esilio volontario di tantissimi anni lontano dalla Liguria, per fare ritorno alle proprie origini e ritrovare le proprie radici.”

Roberto Mistretta

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