Eredi Piedivico e famiglia – Andrea Vitali



Andrea Vitali
Eredi Piedivico e famiglia
Einaudi
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In questo libro Andrea Vitali si racconta una storia semplice e normale di gente semplice e normale, una famiglia che abita nella Pianura Padana tra Cremona e Brescia, a Manerbio. Abbandona l’ironia della maggior parte del suoi romanzi e i luoghi del lago di Como che l’hanno reso famoso per raccontare con lo stile del narratore consumato la vita della famiglia Piedivico-Anzibene nel periodo che va dagli anni Venti ai Sessanta del Novecento: la galleria di personaggi è descritta con l’acume psicologico che contraddistingue lo scrittore.

Oreste Piedivico, classe 1901, figlio di un notaio, ama gli animali ed è diventato veterinario: gira per le campagne curando i grandi animali delle fattorie, ma anche i cani e, quando serve, anche gli umani. È un uomo buono, un po’ banale, famoso nella zona per la sua disponibilità e competenza, gira su una motocicletta Benelli comprata usata quando aveva ventisette anni: in quei quegli anni difficili si tiene lontano dalla politica, con le donne si dà da fare, ma con cautela e alla fine sceglie la figlia di un allevatore, Lidovina Anzibene. Questa sarebbe più attratta dall’allevatore Ottaviano, ma poi sceglie la sicurezza garantita dal medico: il respinto le giura eterna fedeltà, ma lei non è una donna felice, prima perché non ha figli poi, quando ne avrà partorito uno dopo una gravidanza difficile, avrà una forte depressione e non tornerà mai più come prima, resterà apatica, insoddisfatta, distante dal marito e dal figlio Felicino.
Siamo ormai nel 1935 e Oreste, ormai benestante si è comprato una Balilla; Lidovina invece ha una tosse che si rivelerà tubercolosi. Portata in un sanatorio della Val Seriana, ci starà parecchio, lasciando solo il piccolo Felice che andrà in collegio. Lei guarisce, ma Oreste morrà schiantandosi nella nebbia padana con la sua Balilla.

I tempi difficili del Fascismo non toccano più di tanto la famiglia Pedivico-Anzibene perché se ne stanno tutti alla larga dalla politica. Ottaviano impalma la vedova Lidovina e hanno un figlio, Silvestro, mentre Felice in collegio studia, fa progressi, fino a laurearsi in legge. 

“Desiderava sentire fino a che punto non fosse mai stato solo nel mondo interiore che s’era costruito fin dagli anni del collegio. In quell’universo aveva fatto entrare l’essenza delle persone e delle cose, spogliandole della loro apparenza fisica. V’erano gli sguardi, il suono delle parole, profumi che salivano dalla terra o si spandevano nell’aria, i ricordi che ciclicamente si ripresentavano, reclamando il diritto di essere gli unici a sopravvivere, perché in fondo, come aveva detto una volta a suo fratello, la vita altro non era che fuoco, aria, acqua, terra, soprattutto terra.”

Siamo ormai nel 1956, l’avvocato è socio del più prestigioso studio legale di Cremona; qualche anno dopo sposa Luigina Gambetta, figlia del proprietario di una ditta di trasporti, donna che si dà molte arie ma ha poco sugo, ha molte ambizioni, anche troppe per un uomo come Felice, un carattere schivo, accomodante, con solidi principi, sempre positivo che non transige solo su un punto, il legame forte con la sua famiglia di origine che lei detesta. Di fronte a un misterioso regalo del fratellastro solo Felice, non certo la moglie,

“può comprendere il portato di affetto che era la vera sostanza di quell’atto, il senso di un legame indelebile, profondo, profumato di eternità, reso ferreo da pensieri mai detti, dal pudore degli sguardi muti e sinceri.

Tiziana Viganò

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