Dici Milano e pensi a Giorgio Scerbanenco, Augusto De Angelis, Piero Colaprico. Tutto vero. Ma il catalogo non è completo. Perché nel grande libro del giallo milanese non può mancare la voce Giampaolo Rossetti. Classe 1934, una vita a cucire storie noir con un unico comun denominatore: Porta Ticinese. Il suo quartiere (anzi, rione, come lo chiama ancora lui), casa sua. A cui ha dedicato romanzi che sono autentiche dichiarazioni d’amore.
Qual è la caratteristica centrale che fa di Porta Cicca un luogo per lei perfetto per ambientare un noir?
La sua storia intera. Per quanto annessa a Milano solo nel 1900, dopo l’abbattimento delle ultime mura spagnola, Porta Ticinese è il cuore di Milano, il quartiere dove si parlava il milanese migliore, dove l’amicizia tra le persone nasceva da quella particolare unione tra lavoro e miseria, dove la connotazione popolare rimandava a un’idea di vita molto solidaristica. E dove le inimicizie finivano spesso in coltellate. Per ambientare un giallo qua c’è solo l’imbarazzo della scelta.
La sua ambientazione naturale corre all’indietro fino agli anni ’30-’40 del secolo scorso. Cosa aveva quel periodo di così unico da abbracciare l’intera sua produzione letteraria?
Devo essere sincero? La mia gioventù. I miei anni freschi. Per quanto si vivesse sotto il giogo fascista, per quanto di lì a poco saremmo sprofondati in quell’orrore chiamato guerra, quelli erano anni in cui la gente a Milano viveva con una solidarietà umana che oggi non sappiamo dove sia più di casa. Quel periodo me lo sento addosso, mi ha marchiato, è sulla mia pelle.
Perché la scelta di vendere il suo ultimo titolo, Delitto al quarto piano, esclusivamente in una solo libreria?
Perché la Libreria San Gottardo si è inserita con gli anni nel tessuto connettivo del quartiere, si è identificata con Porta Ticinese e la ha rivalutata. Non è un semplice negozio. Ora, visto che il cuore degli eventi di cui scrivo è qui, abbiamo deciso che il libro si dovesse vendere solo in questa libreria. La partecipazione dei lettori sembra aver pagato questa scelta.
Quali sono gli ingredienti doc per il suo noir?
Si deve partire dal colore locale. Poi aggiungervi un po’ di verità, un po’ storia e un po’ di fantasia. Se si può pescare nello humour meglio ancora. Infine, bisogna lavorare con tanto amore per quello che si sta raccontando. Senza questo amore si scrive male. Nel lettore poi ci deve essere una certa dose di volontà ad accettare quello che lo scrittore gli offre.
Quale altra città si avvicina a Milano nel saper offrire uno scenario così intimo e unico per un giallo?
Tutte. Basta voler bene a una città e conoscerla. Poi, Abbiategrasso vale Parigi.
Quali sono i noiristi che legge più volentieri?
Andrea Camilleri in assoluto. Peraltro, Gabriele Moroni ha scritto su Il Giorno che i miei personaggi sono dei Montalbano milanesi e la cosa mi ha fatto molto piacere. Mi piace leggere Georges Simenon e Giorgio Scerbanenco, di cui mi è facile seguire l’azione per ovvi motivi. Non amo invece i thriller e le storie infarcite di violenza, così come non amo quelle che, per restare in piedi, hanno bisogno del coup de théâtre.