Il canto del mare – Andrea Camilleri e Maurizio de Giovanni



Andrea Camilleri Maurizio de Giovanni
Il canto del mare
Salani
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Una rilettura di Maurizio de Giovanni  del testo che è stato definito il più poetico romanzo di Camilleri, Maruzza Musumeci, una novella  “dolce e imprevedibile come l’acqua del mare”.
Una nuova narrazione in cui il papà di Ricciardi e di tanti altri celebri personaggi assume con riguardo l’eredità della favola di Andrea Camilleri e ne  rielabora la struggente creatività e grandezza con una storia arricchita dalle illustrazioni di Mariolina Camilleri. 
Una storia con toni che si vogliono infantili ma  dedicata ai “bambini” dagli undici anni in su.
Una storia che prende il via da un villaggio, sereno ostaggio del tempo. Un villaggio che, da sempre situato  dietro della  Collina Secca con la sua erta e brecciosa  altura senz’alberi,  ha sempre  impedito alla città di dilagare e fagocitarlo.  E per quanto si riesca  a rammentare nella Casa strana, fatta di cubi tutti uguali, eretta sulla Collina Secca con il suo  immenso  centenario olivo a fronteggiare il mare, da sempre e da sola vive una donna vestita di nero, la vecchia Nonnamà che non sta mai inoperosa. Lei infatti mentre parla o  narra storie,  sgrana o pulisce verdura con le sue mani così lisce che paiono da persona giovane .
Nonnanamà che, accogliendo generosa  gli ormai pochi bimbi del villaggio quando le scuole sono chiuse, impersona oggi un confortante e solido puntello per le loro madri  lavoratrici  (sono mutati mondo e usanze dalla loro infanzia). Madri che si affidano a lei fiduciose, perché  da bambine l’hanno già  conosciuta, ascoltata e sempre rispettata con devota reverenza. 
Nonnamà, grossa, con la pelle, rugosa, sembra vecchia, e visto che nessuno del villaggio se la ricorda da giovane, deve essere vecchia  per forza.
Tiene a bada i bambini di tutti, ormai però ridotti appena a   sette +1, raccontando delle belle storie, forse  vere?  Ma lo sono poi davvero? 
Come quella di Gnazio che alla fine dell’ 800 viveva nel  villaggio e lavorava a padrone per mantenere sé e la mamma. Ma dopo la sua morte Gnazio, che amava la terra e le piante ma aveva paura del mare, non riuscendo a essere marinaio era diventato soldato, per poi partire per l’America, dove sapeva tanto tempo prima essere emigrato suo padre.  Là aveva lavorato, aveva imparato la lingua, era stato assunto per curare i giardini, ed era rimasto lontano dal suo paese  per più di vent’anni. Per poi tornare temendo di essere troppo vecchio per trovare  moglie, ma aveva avuto la fortuna di sposare Maruzza. Maruzza, che l’amava ma amava anche il mare,  anzi addirittura pareva come affascinata dall’acqua… E aveva avuto Maruzza che gli pareva un sogno, quasi un regalo del lontano passato? … 
E Nonnamà, va avanti a raccontare  la sua storia. Facendo voci, sbarrando gli occhi e sorridendo  recita, interpretando a suo modo, il susseguirsi degli avvenimenti fino alla fine mentre, senza fermarsi mai,  continuando a pulire  la verdura.
Con tutti i bambini zitti attenti coinvolti  dal suo racconto ma senza poter mai chiedere nulla  perché quella era la storia e non aveva  altro da dire… Ben pochi sapranno intuire quale sia  la verità  celata nelle sue parole.
Una straordinaria rilettura di una favola in cui si intrecciano mito e storia, ma anche arte, architettura e persino  astrologia.
Maurizio de Giovanni sposa e rende omaggio al  genio di Andrea Camilleri  e  al suo  gioiello narrativo:  Maruzza Musumeci  che il critico letterario Salvatore Silvano Nigro ha definito il più poetico romanzo di Camilleri…
.’Il canto del mare’” rappresenta sia una nuova  trasposizione  del mito delle sirene: personaggi celebrati da antiche tradizioni leggendarie ma contemporaneamente si trasforma in un soave e suasivo richiamo alle crudeli favole dei fratelli Grimm.
Nei testi originali delle fiabe più classiche troviamo spesso infatti parti cupe e crudeli. Eh già!… Perché all’inizio dei tempi favole o miti, non si rivolgevano  esclusivamente ai bambini; ma venivano narrati  e tramandati oralmente nelle comunità. Davano una spiegazione  ai fatti della vita e ai tanti e diversi  elementi che la contraddistinguono, compresa la crudeltà. Erano forse anche un modo di fare aprire gli occhi sulla realtà, che spesso era, ed è tuttora aspra e difficile.
Cosa che ci ha dimostrato con ampia  dovizia di esempi Italo Calvino nel suo celebre Fiabe italiane, la raccolta di duecento fiabe delle varie tradizioni orali e dialettali di altrettanti luoghi e regioni della penisola, da lui riunite in uno splendido volume e rese comprensibili traducendole in lingua.
Alcune di queste fiabe non sono altro che versioni regionali di opere  e di classici della letteratura per l’infanzia.
E “Il canto del mare” di Andrea Camilleri e Maurizio de Giovanni  con maliziosa e arguta bravura si rifà sia ai classici della mitologia sia ai testi e ai contenuti che hanno invece fatto nascere tante di queste storie.

Patrizia Debicke

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