Il detective fantasma – Vanessa Riley aka Susanna Raule



Vanessa Riley
Il detective fantasma
Fanucci
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Fantastica Raule!

Piacere, sono Vanessa S. Riley”. “ Con grande stupore abbiamo scoperto, però, che davanti avevamo la scrittrice spezzina Susanna Raule. Non sapevamo fosse lei, naturalmente, ma nessuno, fino a pochi giorni fa, ne era al corrente: ‘Il detective fantasma’, romanzo di successo uscito alla fine dello scorso anno, è proprio suo”.   ( Marco Magi  La Nazione )

Questo stratagemma, voluto dalla casa editrice, è stato determinato dal fatto che gli  italiani comprano malvolentieri i libri fantasy dei loro connazionali, spiega l’autrice, a meno che non siano per bambini o giovani adulti;  si è perciò pensato di creare Vanessa S. Riley newyorchese con l’hobby dei tarocchi e dei profumi.

Il romanzo è il seguito del “Club dei cantanti morti”, ottimo esordio di Jack Wyte e  del suo mondo, sempre sospeso tra l’aldilà e l’aldiquà.

Ricordiamo la trama, naturalmente evitando spoiler,  riportando un recap che si può trovare ovunque e che comunque non anticipa nulla, “” dunque  Jack Wyte è morto. Ed è stata una strana faccenda, il genere di faccenda che quando ti chiedono “Come sei morto?” ti dà il diritto di rispondere: “È complicato.”

Si lascia alle spalle una carriera nella Rapine-Omicidi che gli ha rifilato una pessima salute, una vita solitaria, una ex moglie, una figlia ormai adulta e l’amore di Dare, un’insolita ragazza che può vedere i fantasmi ma rifiuta di vedere lui. E se pensava che tirare le cuoia, nella sua sgradevolezza, risolvesse tutti i problemi, si sbagliava di grosso. Morire, in realtà, è stato solo l’inizio.

A Londra ci sono stati dei decessi diciamo poco ortodossi, e pure a Los Angeles. Due personaggi non proprio umani sono stati incaricati da un concilio di non-morti di insabbiare tutto l’insabbiabile, con le buone o le cattive. La detective inspector Jamaica Kingstone della polizia metropolitana di Londra possiede la Vista, e questo non ha migliorato il suo umore o il suo carattere. Anzi l’ha resa molto nervosa.

Il caso finirà metaforicamente sulla scrivania di Jack Wyte, la cui vita non è stata un granché, ma la cui morte si preannuncia anche peggio. Perché la verità non è mai piacevole e l’indagine in corso lo obbligherà a confrontarsi con dei fantasmi molto più inquietanti delle ombre dell’aldilà””.

Fin qui la sinossi,  certo sarebbe preferibile leggere prima il romanzo precedente, anche se questo è bello e gradevole pure da solo;  ma il mio giudizio è influenzato da una passione sfrenata per  questo strano mondo in cui è possibile incontrare a la Mietitrice e l’Uomo del Crocevia a colloquio come due qualsiasi colleghi di lavoro,  in un terreno in cui naturale e soprannaturale si incontrano e si intrecciano fino a perdere i reali confini.

Si tende a classificare questo genere weird,  ponendolo  al confine tra fantasy e horror, tra la luce e l’oscurità, tra la scienza e la superstizione,  la capacità della Raule però è quella di non prendersi troppo sul serio, velando di intelligente ironia una narrativa che sarebbe altrimenti  solo un esercizio retorico.

La velocità dei dialoghi, spesso affilati,  il racconto quasi cinematografico dei luoghi, l’azione rapida e gli spostamenti dei protagonisti altrettanto fulminei  fanno si che il lettore decida di non riporre il libro finchè non sia giunto alla parola fine.

Anche allora, però, al lettore viene regalata  una gradita sorpresa con l’appendice in cui sono raccontate le biografie di alcuni dei personaggi  presenti nel romanzo che, in realtà, sono esistiti veramente.

Un plauso va anche alla capacità della scrittrice di non trascurare nessuno dei personaggi, sono tutti perfettamente delineati, quasi  fossero tutti protagonisti.

Una nota sul finale, che rimane leggermente aperto, promessa di un ritorno di Jack Wyte.

Nel  frattempo, giusto per non farsi mancare niente, affianca il romanzo, un bel racconto, quasi uno spin off,  “La natura del mio gioco”, in cui è narrata un’avventura di Voland, omaggio al grandissimo “Il Maestro e Margherita”, come al solito godibile e divertente e di cui parliamo in coda a questa recensione

Insomma leggere Susanna Raule rappresenta sempre un piacere, una finestra aperta in un genere che rischia, non certo questa volta, di diventare stantio.

Ricordiamo chi è Susanna Raule, psicologa e psicoterapeuta, scrittrice  e sceneggiatrice, vincitrice di numerosi premi.  Qui mi piace aggiungere la sua partecipazione al collettivo “Moleste” suggerendovi di  visitare il blog

LA NATURA DEL MIO GIOCO
Un lavoro letterario di  Susanna Raule è sempre una garanzia, una garanzia di freschezza, di originalità, di cultura.

Questo racconto che ci ha regalato recentemente ne  è una conferma ulteriore;  infatti a chi mai poteva venire in mente di ambientare un classico delitto in camera chiusa nella Russia del Maestro e Margherita, chi mai avrebbe potuto ripresentarci  Woland   mentore di un  giovane traduttore tedesco,  Hans Krause dotato di un senso speciale” la psicometria”, che, in un’afosa giornata d’estate agli stagni Patriaršie di Mosca,  viene avvicinato da uno strano individuo a causa del quale resterà suo malgrado coinvolto in un’indagine su un delitto.

Lo strano individuo è appunto Woland e l’azione si svolge  in una delle città “segrete” della Russia, una città ove sorge una potente centrale radioattiva, dove persino  chi indaga sull’omicidio è ostacolato da segreti militari inviolabili, e dove il povero Hans deve svolgere le sue indagini per conquistare il premio promessogli da Woland, accompagnato in questo puzzle da una poliziotta bella ed intelligente che, ovviamente, rimarrà vittima del fascino di Woland.

La nostra impressione, al di là dei potenti riferimenti  letterari, è che la nostra scrittrice abbia voluto dare un taglio sornione ed ironico a Woland, che si diverte a scompigliare le menti e gli orizzonti di chi lo circonda  per puro personale divertimento, e se non è già diabolico questo…..

Naturalmente la soluzione di questo delitto arriverà a sorpresa, con la collaborazione di Hans, della investigatrice  Radmilla, del maggiore Arsenjj Danilovic Rolov e, senza ombra di dubbio, del divertito e divertente Woland.

In questo racconto molto ben scritto anche i personaggi minori sono ben delineati, nulla è lasciato al caso, e la lettura  scorre piacevolmente.

Dopo questi anni cupi passati sotto l’incubo della pandemia, adesso con venti di guerra che ci spaventano e ci rituffano in un passato doloroso che volevamo lasciarci definitivamente alle spalle,  una piccola consolazione è quella di leggere, leggere tanto e non avere pensieri per qualche ora; per quanto mi riguarda Susanna Raule ci riesce sempre, è una boccata d’aria fresca e dopo si ricomincia a guardare in faccia il presente con un briciolo di fiducia in più.



Roberta Gatto

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