Il segreto dell’antiquario – Roberto Carboni



Roberto Carboni
Il segreto dell’antiquario
Newton Compton
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Tredicesimo romanzo per Roberto Carboni, il terzo edito da Newton Compton, dopo due clamorosi successi le cui ristampe sembrano inarrestabili. A pochi giorni dall’uscita, anche Il segreto dell’antiquario ha già scalato le classifiche delle maggiori piattaforme. Dopo la lettura in anteprima io lo avevo previsto, e lo dico con una punta di compiacimento, anche se poi non era una predizione difficile. 

Se non bastasse, ne Il segreto dell’antiquario Carboni si cimenta anche con un inverted crime, un howcatchem (alla lettera, Come lo prendono?) le cui regole furono dettate dal grande Richard Austin Freeman nella raccolta di racconti The singing bone, pubblicata nel 1912 e purtroppo ancora inedita in Italia. Attenzione però, il sapere fin dall’inizio chi è il pluriomicida nulla toglie alla tensione spasmodica con cui seguiamo le sue gesta, senza smettere per un attimo di chiederci: «Lo prenderanno?», appunto. 

Ed Elia Morosini Arconati è un grande protagonista: virtuoso del flauto e direttore d’orchestra acclamato dalle più esigenti platee internazionali ha dovuto abbandonare la ribalta musicale per una grave forma di schizofrenia. Si è quindi rifugiato in una appartata attività di antiquario, nella quale tuttavia riesce ancora a esprimere il suo gusto raffinato e la passione per il bello. Elia però, gigante dai capelli candidi e gli occhi pieni di meraviglia, non è soltanto questo, ma un efferato assassino di coppie delle quali, con crudeltà estrema, viola per giorni l’intimità prima di cedere all’insopprimibile bisogno di uccidere.

È un camaleonte, Elia, che indossa gli abiti delle sue vittime, si cosparge dei loro profumi, ne spia il sonno indotto dagli anestetici che lui stesso somministra, si sdraia accanto ai loro corpi. E dalla sua follia distruttiva riceve un’energia vivifica che gli restituisce il suo genio musicale: uccide e compone, forse le note più intense della sua carriera.

Carboni, grande esperto di degenerazione psichica, affronta qui con innegabile maturità una delle sue prove più ardue: la rappresentazione letteraria, assolutamente convincente, delle emozioni e dei comportamenti di chi è affetto da schizofrenia, la più subdola tra le patologie degenerative della mente, caratterizzata com’è da una varietà di sintomi che possono rivelarsi anche con imprevedibile cadenza temporale. Psicosi, allucinazioni, deliri, linguaggio e comportamento disorganizzati, appiattimento dell’affettività, deficit cognitivi, malfunzionamento occupazionale e sociale, sono solo alcune delle manifestazioni. Tanto per dare un’idea, non certo esaustiva, della sua complessità. 

E parimenti vincendola, Carboni affronta anche la sfida di scandagliare il rapporto tra follia distruttiva e genio creativo, tema che ha intrigato i più brillanti psichiatri: a partire da Cesare Lombroso che nella seconda metà dell’800, ravvisando in artisti come Cellini, Tasso, Vico, Newton, Rousseau, Goethe veri e consistenti attacchi di follia, arrivò a sostenere che il genio è frutto di una psicosi degenerativa.  Passando poi per Freud, secondo cui il mondo creativo si attivava sempre per superare una tensione emotiva, e per Jung che invece rifiutava recisamente l’accostamento creatività-nevrosi.  

Elia uccide con efferatezza ed ecco che le Variazioni al notturno di Borodin fluiscono in lui con geniale e prolifica spontaneità: «La spinta creativa lo invadeva con naturalezza, la musica era suono e immagine al tempo stesso, ma anche odore di spezie e tessuti orientali, sole abbagliante sulla steppa, erba secca, colori accesi di pomeriggi autunnali, pastorizie nomadi e rilievi aridi». Uccide, ma è capace di autentica tenerezza: nei confronti della piccola Francesca, solita a visitare il suo negozio e a dividere con lui il rito del tè pomeridiano; o di Malgherita (sì, proprio con la elle), la precedente proprietaria, che Elia colma di premure nel suo crepuscolare ritiro in una residenza per anziani; o del ricordo di Agnese, l’altra proprietaria, che lui tiene vivo deponendo fiori squisiti sulla sua tomba. 

A dispetto della sua furia omicida, Elia resta comunque un esteta raffinato. Non solo in campo musicale, ma anche nel gusto sottile con cui si circonda di piccoli capolavori antiquari, di argenti, broccati e prelibatezze. Quasi a ricordare il dandy esasperato di Karl-Joris Huysmans, nel romanzo À rebours (Controcorrente): il duca Des Esseintes, che si attornia di preziosità per sfuggire alle bassezze del mondo. 

A incrociare la spada con Elia è un’altra figura corposa e avvincente, la sensitiva Madame Thérèse, che vuole conquistare la ribalta mediatica e l’attenzione del pubblico svelando l’identità di chi dalla stampa è stato soprannominato “il Mostro di Bologna”. E anche in questa scelta si rivela l’agio con cui Carboni si muove nell’epoca scelta per il romanzo, quella seconda metà degli anni ’80 affollata di medium, sensitivi e veggenti che vaticinavano dai principali canali televisivi. Nel 1973, infatti, era esploso in tutto il mondo il fenomeno di Uri Geller, l’israeliano che sembrava piegare i metalli con la forza del pensiero, mentre a Bologna il medico Massimo Inardi, formidabile concorrente del Rischiatutto di Mike Buongiorno, aveva contribuito alla diffusione di un vivo interesse per la parapsicologia, sua grande passione.

Quali sono gli ingredienti di questo romanzo? Una storia dall’inventiva pirotecnica che intriga e spiazza il lettore più smaliziato; personaggi di carne e sangue (molto sangue!); una città che sembra mutare e rinnovarsi perfino agli occhi di chi è bolognese da generazioni; una scrittura tesa, affilata, essenziale eppure fortemente visuale; un’abilità consumata nella fusione di colori narrativi declinati dal noir all’horror, dal poliziesco al thriller, in un unicum di assoluta originalità.  

Mi auguro che queste poche righe restituiscano la densa sostanza de Il segreto dell’antiquario. Da non perdere, fidatevi di me che Carboni lo conosco bene.

ROBERTO CARBONI, classe 1968, è nato a Bologna e vive sulle colline di Sasso Marconi. È autore di numerosi romanzi e docente di scrittura creativa a tempo pieno. Nel 2015 è stato premiato con il Nettuno d’Oro (in precedenza attribuito, tra gli altri, a Lucio Dalla e Carlo Lucarelli), nel 2016 con il premio speciale Fondazione Marconi Radio Days (in precedenza premiati Enzo Biagi, Lilli Gruber). Nel 2017 ha vinto il Garfagnana in Giallo, nella sezione Romanzi Editi Classic. Nel 2018 è stato vincitore del SalerNoir Festival di Salerno.  È autore di tredici romanzi. Con Newton & Compton, ha pubblicato Il giallo di Villa Nebbia (2020), La collina dei delitti (2021) e Il segreto dell’antiquario (2022). A quattro mani con Giusy Giulianini, nel 2021 ha pubblicato un saggio (Luoghi segreti e misteriosi di Bologna), parimenti edito da Newton Compton.

Giusy Giulianini

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