Port Monro, paesino probabilmente inventato nello stato australiano di Victoria. Durante un gelido e piovoso maggio d’autunno, John Crushin, poliziotto devastato da un incidente, indaga sulla brutale aggressione ai danni di un miliardario.
La comoda pista della rapina ad opera di qualche balordo aborigeno si rivela pretestuosa, ma solo dopo un inutile bagno di sangue e tanti tentativi di insabbiamento, Crushin farà emergere una verità molto meno scontata.
Di questo libro mi è piaciuto l’apparato critico che chiarisce i dettagli culturali “australiani” (anche se avrei frustato un traduttore che nel 2008 rende “organic” con “organica” invece che “biologica”, e “farmers’ market” con “mercato dei contadini”…), e mi sono piaciuti l’ambientazione accurata, la passione per la descrizione della natura nei dettagli più suggestivi, i cani, le onde che si frangono nell’orrido, il paesaggio australiano, così “altro” rispetto a ciò cui siamo abituati.
Come si capisce dal riassunto iniziale, la storia è già stata raccontata mille volte (delitto-falsa pista razzista-insabbiamento- scoperta accidentale- verminaio scoperchiato-scontro catartico-trionfo della verità) ma questo in sè non è un male: l’acciaccato protagonista suscita molta simpatia e la parte finale ha un suo bel movimento. Sono invece le troppe pagine dedicate alla prevedibile vicenda degli aborigeni, ed il salto logico che porta il protagonista alla scoperta della verità è un po’ deboluccio.
Detto questo, forse Temple non è il più grande scrittore australiano come pretende la citazione in copertina, però sa scrivere e questo giallo è leggibile e carico di suggestione.
La carità uccide
donatella capizzi