Noir in realtà dalla definizione incerta, il nuovo lavoro di Gianluca Barbera affascina il lettore per motivi molto distanti dal romanzo di genere. Il primo tra i quali il rapporto tra i due principali attori della storia: G. (alias Licio Gelli) e il giornalista di inchiesta Marco Sangiorgi.
Se non fosse un linguaggio eccessivamente da generazione Z mi verrebbe da scrivere “la vera figata autoriale”. Invece mi limiterò a dire che sul rapporto tra il giornalista e G. poggia la retorica più sottile, efficace e affascinante di una buona parte della storia contemporanea italiana.
Nel dialogo tra i due uomini c’è il nocciolo di quei misteri tutti italici in cui la Verità come fine ultimo di un Paese progredito e civile diventa, invece, quasi un mito; qualcosa di impalpabile che può essere raggiunta oppure no, cercata oppure no, esatta oppure no, o soltanto in parte, o in quella parte che non può danneggiare troppo persone o istituzioni.
G. è mirabilmente bravo a glissare le domande del giornalista su eventi che lo vedono direttamente e personalmente coinvolto eppure la mattina del 17 marzo del 1981 uomini in borghese della Guardia di Finanza arrivano nella splendida villa immersa nella campagna aretina perché stanno indagando sull’omicidio dell’avvocato Giorgio Ambrosoli e sul presunto rapimento del finanziere siciliano Michele Sindona. In casa ci solo i domestici e la segretaria che cerca di nascondere, senza riuscirci, le chiavi della Cassaforte in cui gli inquirenti trovano l’elenco degli affiliati alla loggia segreta P2. Novecento sessantadue nomi di massoni infiltrati in tutte le istituzioni italiane. Nomi grossi, di personalità ai vertici delle istituzioni e della società civile. Parlamentari, alti ufficiali di ogni arma, vecchi industriali e giornalisti al “soldo” di poteri forti.
E quindi cosa ha fatto davvero G?
Pertanto, quando il lettore arriva all’ultima pagina ciò che gli rimane è soprattutto il dubbio fortissimo che Licio Gelli, alias G. possa esserci stato davvero dietro tutti i maggiori scandali e attentati dell’ultima storia italiana, o se invece non sia a suo modo anche un millantatore, un megalomane così tanto legato alla propria narrazione da volersi attestare anche stragi non commesse o delitti non commissionati come un mitomane qualsiasi.
Un’altra cosa che Barbera fa sapientemente nel libro è confondere i generi affinché chi legge non comprenda mai fino alla fine se si tratta di fiction o meno. La bio di G. narrata con dovizia di particolari contiene elementi corrispondenti al vero ad esempio, ma il rito di iniziazione alla massoneria per quanto affascinante dà palesemente vita a pagina di finzione.
E allora chi legge palpita come se si trovasse in una spy story del cinema anni Settanta, ma si incupisce anche nelle pagine prettamente di giallo in cui la Legge non riesce a fermare il Crimine o finisce semplicemente per arrivare tardi, e ancora Barbera è bravissimo a creare quella suspense che riesce a non far smettere di girare pagina. Infine, l’azzeccatissimo titolo del libro non è altro che l’intero leit motiv di tutta la trama: quale è dunque il segreto del Gran Maestro?
Senza spoilerare troppo vi dico solo che durante la lettura ognuno crederà di averlo trovato.
A proposito, se non avete mai ancora letto Barbera è ora di cominciare e se potete fatelo proprio con questo, al momento, il migliore tra i suoi romanzi.