L’altare della paura – Jean-Christophe Grangé



L'altare della paura
L’altare della paura
Garzanti
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Nell’ultimo thriller di Grangé ritorna il poliziotto Pierre Niémans, già incontrato ne I fiumi di porpora ( portato sullo schermo dal grande Jean Reno) e poi ripreso dall’autore ne L’ultima caccia

Ne L’altare della paura, Niémans, chiamato dal procuratore di Colmar suo antico compagno d’infanzia,  abbandona il suo ufficio di Parigi per un’indagine in Alsazia in una comunità di anabattisti. Ė stato infatti ritrovato seppellito dalle macerie di una volta di chiesa crollata il “vescovo” Samuel, uno dei più rappresentativi personaggi della comunità. La quale è parecchio insolita: gli adepti si fanno chiamare Emissari, conducono una vita semplice e austera lontano da ogni strumento tecnologico e da ogni invenzione moderna e possiedono rinomati vigneti all’interno di un amplissimo territorio chiamato Dominio. I nostri Emissari vivono in modo totalmente autonomo, cercando di ridurre all’indispensabile i contatti con il mondo esterno e con i mondani, tutti chiusi nel loro misticismo che risale ai tempi della Riforma. Ma Niémans subodora che la morte di Samuel non sia stata una tragica fatalità, bensì un efferato omicidio, così invia come infiltrata nella comunità la giovane tenente Ivana, che si presenta come lavorante per partecipare alla vendemmia, l’unica situazione in cui gli Emissari entrano in contatto con i mondani  per produrre il loro apprezzatissimo Gewürz-traminer. Come sempre, il fiuto di Niémans ha subodorato il male, così i due poliziotti saranno coinvolti in un’avventura apparentemente esoterica ma in realtà tragicamente umana.

Pur presentando un personaggio già conosciuto come Pierre Niémans, il Grangé de L’altare della paura abbandona i toni orrorifici e la tensione incalzante dei suoi romanzi più famosi a favore di toni più sommessi, di atmosfere invernali nel paesaggio e nell’animo, soffermandosi sullo scavo psicologico e sull’interiorità dei personaggi. Il maschio alfa Niémans rivela le sue fragilità, i suoi tormenti, le sue quasi ingenue aspirazioni, soprattutto nel rapporto con due donne: la poliziotta Ivana, di cui si sente il mentore e il pigmalione, e l’altra poliziotta Desnos, che con la sua onesta schiettezza lo mette implacabilmente di fronte alle sue molteplici contraddizioni. E una terza donna, Rachel, fa riflettere il lettore sull’implacabile coraggio che può nascere dalla debolezza. Stonano a volte, in queste atmosfere intimiste, certe similitudini che cedono un po’ troppo all’attuale gusto baroccheggiante della scrittura, ma la mano del Maestro sa affascinare come sempre il lettore.

Donatella Brusati

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