Gli svizzeri muoiono felici



Andrea Fazioli
Gli svizzeri muoiono felici
Guanda
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Si presenta ai lettori per l’ennesima volta Elia Contini, Investigatore Privato di Lugano avvezzo a risolvere i problemi che il suo autore gli propone. A dir la verità ci si aspettava un romanzo pieno di azione e di misteri con protagonista un esplosivo Elia Contini che in qualche modo risolveva gli enigmi più impossibili, ripristinava la giustizia in un mondo malvagio e corrotto e svelava la vera storia del “buon vecchio” dottor Eugenio Torres e la sua triste sorte, dando consolazione finalmente ai poveri figlioli Enea e Annika e a Moussa, il tuareg conosciuto bambino in Niger durante uno dei suoi tanti viaggi educativi e di operatore di pace,invece, no. Il libro è abbastanza fermo e, in fondo, privo di azione diretta. È un po’ il contrario di un noir. La storia si sviluppa interiormente e, sicuramente, nei protagonisti si crea un terremoto interiore, e non solo nel soggetto più rilevante. Ma andiamo per gradi… Dopo la morte della mamma Sara, 20 anni dopo la scomparsa di Eugenio, i due ragazzi, ormai più che adulti, decidono di cercare la verità circa la sua sparizione assumendo Elia Contini, un investigatore privato che i lettori di Andrea Fazioli ben conoscono per garbo, capacità, attenzione e imprevedibilità. Insieme a Elia Contini calcano le scene del romanzo i fratelli Torres, Carlo Farinelli amico storico di Eugenio e, noi lo conosciamo immediatamente, amante della moglie Sara e responsabile della morte dell’amico nel 1998 e altri personaggi che cercheranno di districare la matassa. La storia va avanti tra alti e bassi, tanti indizi spesso fasulli e illusori; in fondo sembra una storia lenta e, se vogliamo, non entusiasmante ma, incredibile, interviene Moussa Ab Ibrahim, che arriva in Svizzera dal Niger grazie a soldi e lettera-invito inviati da Eugenio 20 anni dopo la sua sparizione! Ma… non era morto? Noi abbiamo assistito all’omicidio, proprio all’inizio della storia e sembra che… Beh, raccontare proprio tutto non è bene, specie se si tratta di un romanzo che si svela davvero solo all’ultimo rigo dell’ultima pagina. Macché mondo malvagio e corrotto, macché giustizia ripristinata: ci troviamo di fronte a cultura, riferimenti, appropriazioni di personalità anche complesse; è un mondo pieno di valori, ormai quasi svaniti in questo mondo che è teso unicamente all’affermazione del disvalore. Sì, possiamo dire che si resta un po’ disorientati di fronte a un libro che, piuttosto che parlare di omicidi, di giustizia umana, di sangue, parla delle sensazioni di un tuareg che si trova lontano dal suo Sahara e in cima alle Alpi svizzere, dovendo confrontare le sue sensazioni di ieri con quelle di oggi e con le abitudini di gente tesa a scansare qualunque interrogativo diverso dal correre per arrivare nessuno sa dove. Unico raffronto positivo lo trova dinanzi a Giona, il vecchio eremita fratello di Eugenio che si rivela saggio alter ego di Moussa. Ecco: il noir che traspare da questo libro è proprio l’intento dell’autore di portarci a ricercare la centralità dell’uomo, il suo pensiero e il senso della vita: qui non è una cosa qualsiasi, un “normale evento” la storia tra Sara, moglie e madre esemplare, e Carlo, il grande amico del marito che, preso dal rimorso, vuole confessare e dire a Eugenio che bisogna essere onesti. Un libro ben scritto, pieno di buoni intendimenti e francamente inaspettato nel suo epilogo.

Germano Capurri

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