Intervista a Enrico Vanzina – La sera a Roma

Milano Nera ha avuto il piacere di intervistare Enrico Vanzina, ospite del Noir In Festival 2018 per presentare il suo libro La sera a Roma, Mondadori.

41cngBbMXWL._SY346_Hai scritto saggi, romanzi, una satira Le finte bionde,  l’indovinata trilogia con i romanzi Mariani, hard boiled in salsa romana. Il tuo La sera a Roma ha scelto una altra strada ma non è  un giallo o un noir tout court. Hai alzato molto il tiro e il risultato è anche una nostalgica storia di costume a tinte gialle. A conti fatti è un romanzo che risuscita tutto un mondo di giornalismo, il cinema, di altri tempi, di un grande passato. E poi il protagonista Federico è sceneggiatore, giornalista. Come è nato? E quanto c’è di autobiografico?
Perché volevo fare un giallo, alla Fruttero e Lucentini tipo La donna della domenica, ma niente. Ci giravo intorno… poi finalmente  è scattata la molla e ho deciso che per farlo poteva essere solo autobiografico. Ḕ un libro su Roma alla ricerca del tempo perduto. Ḕ una storia, un giallo noir  che non racconta di tanti morti ma piuttosto è una fiction inserita in uno scenario di verità. Una trama che parte dall’incontro sollecitato al protagonista, Enrico,  durante un ricevimento da un consulente finanziario legato all’aristocrazia nera romana. che gli chiede una raccomandazione per un giovane attore del sud. Ma il raccomandato, un cane come attore, dopo aver incontrato Enrico, per dirla alla Gadda, si  rende inopinatamente defunto, grazie a un colpo di pistola. Di qui parte l’indagine che descrive invece le sabbie mobili del male. Un libro che narra di persone, di cose e  di che tante volte il grande motore del crimine può essere l’amore.

Oltre a quelli di fantasia descrivi anche molti personaggi reali. Qual’è stata la loro reazione ritrovandosi inseriti nella tua fiction?
La Mondadori aveva  paura che ci potesse essere qualche nuvola, qualche lamentela e invece tutto bene. Solo reazioni positive.

Figlio di Steno, un gigante del cinema. Una vita passata in mezzo a un mondo costellato di altri giganti del cinema e della nostra Cultura: da Sordi a Beha, da Fellini (e qui anche il nome del protagonista mi pare un indiscutibile omaggio) a de Laurentis e tutti gli altri.  Pochi giorni fa è morto Bertolucci, di lui cosa ricordi?
Il mio libro è un libro su Roma e fondamentalmente legato al cinema. Allora Roma era come una grande famiglia di artisti, che si frequentavano ma giravano pochi soldi e gli amici erano amici veri. E quindi tanti, tanti ricordi. Bertolucci lo conoscevo, non era un amico ma ci siamo incontrati in diverse occasioni e voglio ricordare un aneddoto su di lui. Bertolucci stava girando Novecento quando sul set arrivò Billy Wilder. Lui andò subito a omaggiare il grande regista americano. Wilder si complimentò poi gli chiese quante settimane di lavorazione gli erano state concesse dalla produzione. Bertolucci rispose dodici. E l’americano dichiarò con spirito: Lei deve essere molto bravo perché io per fare il primo film ne ho avute solo cinque…

Tu parli anche a ragion veduta di un mondo romano meno conosciuto, quello dei salotti dell’aristocrazia. Quanto hai scritto di Roma pensi che le regali una connotazione reale ancora attuale o molte, troppe forse, cose sono  cambiate?
La Roma dell’aristocrazia nera certo, per anni ho tenuto una rubrica giornalistica la Social live per Repubblica e poi il Messaggero. Ricordo a un ballo a Palazzo Farnese (Ambasciata di Francia) la bella principessa romana che indossava un favoloso abito da sera rosso… Ho descritto quel mondo ma anche quella degli arrampicatori sociali con il giusto rapporto tra finzione e realtà.  Ciò nondimeno molte cose sono cambiate. La ragazza del mio libro, che Enrico vagheggia di fare protagonista del suo film, dovrebbe essere una ragazza del Sud arrivata a Roma dal sud. Ma una ragazza che non sogna, non immagina, non spera in un futuro, pensa solo come vivere il presente a ogni costo.

Allora un mondo che non c’è più? O  fatto anche di qualche fantasma?
Ma sì, Roma è una città fatta di fantasmi e di tanti secoli, una città legata ai fantasmi. Storie, favole, leggende, insomma i fantasmi sono ovunque e si nascondono nelle pietre. Come un mostro sacro? E ritornano.     

Insomma La sera a Roma è quasi un romanzo storico?
Forse sì, non è fuori luogo. Perché  in realtà il protagonista si rifà a cent’anni prima con aneddoti e particolari.

Hai idealmente suddiviso il romanzo in stagioni: autunno, inverno, primavera, estate. Perché?
Per il tempo, il romanzo vuole rappresentare il tempo, lo scorrere del tempo. Il tempo perduto. Ma dobbiamo imparare  a convivere con il tempo passato.

E allora Roma dopodomani, diciamo, visto che non siamo ragazzini, quale sarà la Roma dei nostri nipoti?
Roma è millenaria, ed è  ciclica nei suoi ritmi: scende, sale, scende, sale, e nel frattempo i suoi fantasmi la rendono affascinante. Roma è passata dalla gloria dell’impero alla decadenza più assoluta del basso Medioevo (meno di dodicimila abitanti) per poi risalire la china dal Rinascimento. Come tante altre città italiane (vedi Napoli, Palermo, Siena, Firenze, Venezia). Sono certo che Roma saprà ritrovare la forza e l’orgoglio del suo passato e sarà in grado di confrontarsi con successo con la globalizzazione.

E ora ultima domanda scontata. Dopo La notte a Roma altri  prossimi programmi anche letterari spero?
Un film sicuramente, un film che volevo fare con mio fratello e poi un altro libro? Ma sì. Magari ancora due o tre.  Questo è andato molto bene e allora…

Grazie Enrico a presto, allora ci contiamo e auguri per Natale a cinque stelle, il vostro  film distribuito dal 7 dicembre dalla Netflix.

MilanoNera ringrazia Enrico Vanzina per la disponibilità
Qui la nostra recensione a La sera a Roma

Patrizia Debicke

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