La fuga del signor Monde



georges simenon
La fuga del signor Monde
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Norbert Monde, titolare di una ditta import-export a Parigi compie 48 anni. Giorno di pieno inverno, l’autista lo sta accompagnando in ufficio. Il signor Monde è sposato in seconde nozze e ha due figli. Un giorno come gli altri? Non proprio. E non tanto perché nessuno gli ha fatto ancora gli auguri (e nessuno se ne ricorderà al lavoro). Ma perché qualcosa dentro si sta muovendo in modo vigoroso perché lui prenda una decisione. Andarsene. Non è la prima volta che la nota risuona. Ma oggi si deve agire. Si prende dalla banca quello che serve per vivere di rendita e ciao. Anzi, neanche il ciao. Si va dal barbiere a tagliarsi i baffi e si prende il primo treno. Magari per Marsiglia. Basta con l’essere stranieri in casa.

Sua moglie dopo qualche giorno ne denuncia la scomparsa. Ma il signor Monde ormai è già entrato in una nuova vita. Durerà, non durerà? Che importa. Anche se dovesse tornare a casa e in ditta dopo qualche giorno, settimana, mese o anno non sarà più quel Norbert Monde. Se tornerà ne ricomparirà un altro. Ancor più distaccato. E magari segnato da una “fredda serenità”.

Scritto nel 1945, La fuga del signor Monde è il racconto di come possa diventare naturale per Georges Simenon non tanto la fuga del titolo (nella traduzione italiana rispettato l’originale francese), quanto il risucchiarsi dentro un nuovo equilibrio esistenziale che chiede anche gesti concreti. Il signor Monde agisce, ma ormai cammina sulle cose. Cerca di non fare le stesse cose sulle persone, ma se capita non se ne fa un cruccio. Il nero che gli agisce nell’intimo può rivelarsi addirittura algido. Molto più di quello che si presuppone. Ma inutile fermare un orologio interno che decide azioni, pause, direzioni e scelte. L’umanità con cui ci si incrocerà sarà solo una squadra di attori e attrici in un palcoscenico che potrà sempre cambiare con una facilità senza limiti. Vive una vita ignota il signor Monde. Però piano piano si riconosce. E quando gli si parrà di fronte uno scheletro che cammina e parla, se non proprio un fantasma del suo passato, farà un’altra capriola. Che importa. Non sarà più quell’uno, non arriverà a esserne centomila, ma almeno avrà smesso i panni di nessuno.

corrado ori tanzi

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