La seconda opportunità.
Solo ai giovani è concessa la seconda opportunità, perché ai vecchi si riconosce l’esperienza ovvero la somma di tuti gli errori commessi durante una vita. Fin da quando ero abbastanza alto per sedere su una sedia dietro a un banco, mi sono sempre sentito dire che gli americani sono senza storia, senza cultura, senza identità. Insomma, uno sciame di gente partita da chissà dove per sbarcare su un continente e resettare il proprio passato per prendersi la fortuna che era stata negata altrove.
Vero, ma sono passati più di cinquecento anni, ormai quegli immigrati sono diventati un popolo e di sbagli ne hanno commessi parecchi – e continuano a farne di grossolani – ma è certo che ancora non sono riusciti a eguagliare in numero tutti i colpi di testa di quella cariatide dell’Europa che, da almeno un paio di millenni, non brilla in alto nei cieli solo per umanità e civiltà. Senza contare che, ogni qualvolta che l’anziana tenta di scrollarsi la polvere di dosso, si ritrova con la pelle a stelle e strisce e non riesce – o non vuole – capire che per alcune brutte abitudini è stata maestra.
Ma basta fare i qualunquisti, parliamo nello specifico. Nel mondo ci sono parecchi italo-qualcosa che secondo una leggenda tutta italiana hanno solo fatto del bene in giro, sono sempre stati dei lavoratori ed erano tutti poeti, navigatori e santi.
Sarà per tutta questa mania di essere dei bravi ragazzi che negli Usa Italia è spesso un sinonimo di mafia e fa sorridere che fu proprio Joseph Colombo, per nulla parente del fu Cristoforo, a capo negli anni ‘70 di una delle cinque famiglie mafiose di New York. Si impegnò moltissimo per tentare di sradicare un banalissimo stereotipo razziale al punto da intimidire e minacciare delle ritorsioni la Paramount affinché ne Il Padrino di Francis Ford Coppola non fossero mai pronunciate le parole Mafia e Cosa Nostra.
Come al solito, la mafia non esiste ed è bugiardo chi dice il contrario.
La mano del morto di Simone Sarasso è il terzo capitolo della saga dei Cent’anni, una serie che narra l’infiltrazione mafiosa nella società e nell’economia americana nel corso del ‘900.
6 Novembre 1928. Arnold Rothstein viene assassinato e la morte del re del contrabbando di alcolici o, più semplicemente, il banchiere del diavolo lascia un vuoto di potere che la nuova leva composta da Charlie Luciano, Meyer Lansky, Bugsy Siegel e Frank Costello cerca di occupare senza scrupoli, peccato che sul cammino verso il trono ci sia la grande depressione e una “guerra castellammarese” fatta da due “Moustache Pete” – la vecchia guardia mafiosa con dei ridicoli baffoni – del calibro di Joe Masseria capo della famiglia Genovese e Salvatore Maranzano leader della famiglia Bonanno.
Se la strada per l’Inferno è lastricata di buone intenzioni, quella dei protagonisti è un’autostrada diretta verso un luogo ben peggiore della dimora definitiva dei peccatori. Senza tanti giri di parole reputo indispensabile leggere i precedenti La cattiva strada e Sul sangue puoi contare, non solo per una necessità di continuità, ma per conoscere e gustare al meglio lo stile unico e la penna graffiante dell’autore. Narrazione ad alto contenuto di adrenalina, con i capitoli che si incendiano più in fretta della polvere da sparo e colpiscono al cuore. Si tratta di un romanzo con un’accurata ricostruzione storica che mostra più che spiegarle – o giudicarle – la vita e le opere di criminali incalliti.
Sta al lettore resistere alla tentazione di farsi affascinare dalla seconda opportunità avuta da delinquenti spietati senza arte né parte.