Un libro esagerato. E con questo ho detto tutto. Stile asciutto, mai pindarico, ma sempre greco in senso tragico. Ironico, sagace, colto ma non spocchioso. Una storia circolare, viziosa come un gatto che si morde la coda assomigliando sempre di più a un cane rabbioso.
Lungo il giusto, mai sovrastimato, forse solo un po’ troppo attaccato alla storia del primo episodio.
D’altronde le serie sono fatte per essere lette dall’inizio. Se per caso non avete letto Milano è un Arma, non aprite La Metropoli Stanca, leggeteli in ordine che du gust is megl che uan.
Dopo tutte queste parole è inutile dilungarsi sulla trama che è già fitta di suo, correndo peraltro il rischio di svelare particolari interessanti che, a mio avviso, potranno essere gustati appieno in sede di rilettura. Avete capito bene, La Metropoli Stanca è un libro da rileggere, perché presenta così tante chiavi di lettura che volendo lo si può affrontare più volte con l’umiltà di un pugile sconfitto al quale è d’obbligo concedere la rivincita.
Gallone in questo romanzo alza il tiro e disegna una città ancora più iperbolica che in Milano è un’Arma e teorizza, a mio avviso, non più l’etica della metropoli, ma l’epica di Milano. Con la sua truppa di eroi estremi ed estremamente vessati dalla vita e da loro stessi. La Metropoli Stanca non stanca affatto per tutte le pagine di cui è composta e porta il lettore ad una fine affannata che lascerà l’amaro in bocca come in ogni buon libro e porterà con sé la domanda delle domande: Che ne sarà dei nostri epici eroi in futuro?