Ho letto critiche cattive ed altre esaltanti su La stanza del male.
Ora, nonostante le presuntuose affermazioni dei due autori che ritengono di non dover ringraziare nessuno, neppure gli indifesi acquirenti che comprano il libro immagino, il romanzo ha un piglio scorrevole che invita alla lettura, ma la trama è dura da digerire.
Millenium, la riuscita, intelligente trilogia di Stieg Larsson, accolta da tutto il mondo con piacere, ha aperto la strada a un proliferare modaiolo di romanzi nordici buoni e cattivi.
Lungi da me il pensare che il dilagare di una letteratura, che potremmo definire del male, abbia sia pur minimamente portato alla spaventosa strage commessa da Breivick a Oslo e sull’isola di Utoy, ma certo le civiltà descritte quasi come normali nelle pagine di tanti ‘inseguitori’ di Millenium sconsigliano visite turistiche sopra il 40° parallelo.
Anche se so che certi fatti crudeli accadono, non mi piace troppo leggerli descritti nei loro particolari più disgustosi e le orribili sevizie perpetrate su bambini indifesi non mi aiutano a gustare una cena. Ho lo stomaco troppo debole? Forse e, confessandomi fino in fondo, vi dirò che apprezzo pochissimo l’esasperazione delle patologie da manicomio diventate indispensabili per tanti autori germanici e scandinavi.
Riconosco agli autori di La stanza del male l’abilità di aver scritto quasi 500 pagine con un ritmo incalzante e coinvolgente che li ha portati in vetta alle classifiche. Tanto di cappello!
Trama: taglio da thriller psicologico classico con sul palcoscenico una poliziotta afflitta da problemi familiari affettivi ed economici e una psicoterapeuta sfigata alla quale la vita ha regalato ben poco che insieme provano ad affrontare un inafferrabile serial killer. Poi…
Osservazioni e suggerimenti, magari non richiesti: i continui cambi temporali non giovano alla fluidità della storia e l’eccesso di macabri dettagli fa predominare l’horror sulla componente gialla che si proponeva.