Le dieci chiavi di Leonardo – Luca Arnaù



Luca Arnaù
Le dieci chiavi di Leonardo
NewtonCompton
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Che il grande maestro di Vinci sia stato una delle menti più geniali mai esistite è un dato di fatto su cui tutti concordano. Che poi abbia usato la sua straordinaria intelligenza e il suo fantastico acume per risolvere oscuri delitti, non è noto. Ne è convinto, però, Luca Arnaù che ci propone un Da Vinci detective nel suo noir storico: “Le dieci chiavi di Leonardo”.
È il 25 marzo del 1481, giorno in cui cade il capodanno fiorentino, quando una giovane e splendida aristocratica cade vittima di un delitto efferato. Qualcuno la rapisce, la scuoia viva servendosi di un gatto a nove code e infine, prima che la fanciulla muoia dissanguata, le strappa il cuore dal petto, uccidendola. Prima di morire, però, la vittima riconosce il suo carnefice e lo chiama “Eccellenza”, una parola che rivela subito al lettore che lo spietato assassino appartiene alla cerchia più ristretta della corte del Magnifico.
Ignaro di ciò che sta accadendo a Firenze, Leonardo si trova nel suo studio di Vinci, che è l’allegoria di tutta la sua vita geniale, piena, disordinata, ricca di cose inventate e mai finite e spesso irrisolte, quando un enorme armigero bussa alla sua porta e lo avvisa che è stato convocato dal terribile ser Pardo, il temutissimo capo della polizia medicea, un uomo alto e ieratico, dallo sguardo allo stesso tempo minaccioso e indagatore. Il potente funzionario ha deciso di conferire con lui dopo che, nel macello cittadino dei bovini, è stato ritrovato un cadavere immerso nella mota.  Non si tratta, però, di un corpo qualsiasi perché lì accanto sono stati rinvenuti i paramenti e i segni dell’autorità vescovile. 
Leonardo, pur non avendo alcuna esperienza nel campo investigativo, sa che deve accettare l’invito di ser Pardo, al quale nessuno può dire di no, pena la morte, e inizia subito le indagini, seguendo il metodo scientifico da lui stesso ideato. Riempie le impronte rimaste intorno al cadavere con del gesso per ottenere dei calchi da confrontare con le calzature di tutti coloro presenti sul luogo al momento della scoperta, perché: ogni scarpa, ogni stivale ha sulla suola segni caratteristici che la rendono unica. Segni che ci raccontano chi indossa ogni giorno quella specifica calzatura, dove cammina, quanto e come lo fa. Inizia così a tracciare un primo ritratto dell’assassino: un uomo di corporatura media, anziano ma forte muscolarmente e affetto da una lieve zoppia. Al fido Bencio, che lo segue sbalordito nelle sue deduzioni, spiega anche che l’assassino veste di nero ed è stato in Provenza. 
Leonardo, però, non ha il tempo di provare i suoi ragionamenti, perché i delitti si susseguono ai delitti, ogni volta più spietati e atroci. La vittima viene torturata fino allo sfinimento, ma prima che muoia il carnefice le apre il petto e ne estrae il cuore ancora palpitante. Leonardo è sconcertato dal modus operandi dell’omicida, che soprannomina Strappacuori, ma non rinuncia a cercare una spiegazione razionale. Giunge così alla conclusione che, nel commettere i suoi delitti, l’assassino segue uno schema ben preciso, quello suggerito dai dieci gironi di Malebolge, che si trova nell’ottavo cerchio dell’Inferno dantesco, dove sono puniti seduttori e ruffiani, adulatori e lusingatori, simoniaci, indovini e maghi, barattieri, ipocriti, ladri, consiglieri fraudolenti, seminatori di discordia e scismatici, falsari. 
A Firenze c’era un misterioso omicida che uccideva seguendo alla lettera la Divina Commedia. E lo faceva senza alcuna pietà, ripetendo esattamente, con grande attenzione ai particolari, le pene che il contrappasso dantesco aveva assegnato a ogni tipologia di dannati. Ma con un’unica differenza: strappava loro il cuore.
Forte delle sue deduzioni, Leonardo vorrebbe prevenire l’assassino e catturarlo prima che uccida ancora, ma il criminale è sempre un passo avanti e lui lo insegue, ma deve fare presto, perché lo Strappacuori si sta preparando al gran finale, scendendo nelle strade della città, dove avrebbe contaminato le fontane, l’acquedotto. E chi si fosse ammalato avrebbe fatto ammalare i propri amici, i propri familiari. Firenze sarebbe stata annientata. Per secoli nessun uomo avrebbe più potuto mettere piede dentro le sue mura.
Con “Le dieci chiavi di Leonardo”, Luca Arnaù ha costruito un bel giallo, piacevole ma inquietante, ricco di colpi di scena. che vi terrà con il fiato sospeso fino alla fine, perché in questa storia è bene non dare mai nulla per scontato. 

Maria Cristina Grella

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