Le donne noir: intervista a Cristina Rava

downloadRestituire giustizia ai corpi che arrivano sul tavolo delle sue autopsie è un’ossessione per Ardelia Spinola.  Il medico legale genovese però si è ripromessa di non farsi coinvolgere più dai casi della polizia: farà il suo lavoro e poi se ne tornerà alla sua vita.
Riuscirà a mantenere il suo buon proposito o la sua sensazione di essere sulla soglia di un baratro è corretta? Come spesso accade però le migliori intenzioni hanno breve durata e nell’Ultima sonata  di Cristina Rava (ed. Garzanti), Ardelia è di nuovo in prima linea nella ricerca dell’assassino più che nell’analisi di corpi inermi.
Un medico legale/investigatore, ecco una delle figure femminili che solo fino a qualche decennio non si incontravano nei romanzi di genere poliziesco. E perché poi? La prima donna medico italiana risulta aver conseguito la laurea nel 1877, in America la prima dottoressa si laureò nel 1849. Ecco quindi che anche questo tabù con il tempo è caduto. Ciò non toglie che il noir per decenni sia stato un territorio maschile.

Crede che sia ancora così?
Noir non significa ‘duro’, né violento, né particolarmente crudo. Noir rimanda ad una visione dell’esistenza in cui non sono garantiti premi per le buone azioni e castighi per quelle brutte. Secondo me ‘noir’ possiede una sfumatura amara che poco lega con la sensibilità femminile, più incline a cercare un chiarore dopo le sventure. Questo non significa che una donna non sappia scrivere ‘noir’, ma sospetto che lo farà sempre in modo più etico.

Le donne, quando si discostano dagli stereotipi classici, fanno fatica a trovare un loro posto in questi romanzi? Perché?
Certo, sì, fanno più fatica per il motivo appena descritto. Questo non esclude che una donna possa costruire una vicenda ed un contesto realistici, raccontando severamente il male, anche nei suoi aspetti più aspri.

La cronaca mostra delle donne profondamente oscure, eppure le protagoniste di polizieschi, gialli e noir non sono, in genere, altrettanto credibili…
La credibilità di un personaggio, rispetto ad un soggetto reale, non è data dal genere ma dalla capacità di costruzione psicologica del narratore.

I romanzi svedesi, ma non solo, hanno stravolto un po’ questo mondo e hanno creato un nuovo spazio per le donne in questi racconti?
Nei romanzi scandinavi coesistono tipologie di narrazione noir al femminile diverse, con protagoniste femminili differenti. Holt è un’autrice elegante con una protagonista austera, Lackberg ha un diverso orientamento e predilige l’approccio sentimentale. È mia opinione personale che le scandinave non possano vantare il primato nell’emancipazione femminile all’interno del genere noir, ma che appartengano, con le loro connotazioni, al più ampio contenitore di tale narrativa a livello internazionale. Illustri esempi sono la competente e raffinata Alexandra Marinina o, a tutt’altra latitudine, Alicia Gimenez Bartlett.

C’è un problema di genere anche per le autrici?
Non credo si tratti di un problema, ma di identità. La creatività letteraria dovrebbe essere e ci auguriamo che possa esserlo sempre, un territorio libero. Non esistono diktat su come si debba scrivere un noir, se debba essere femminile o maschile ed in quale misura. Ognuna di noi esprime la propria visione del mondo, segue personali priorità narrative.

Cosa significa essere un’autrice di noir in Italia?
Posso citare soltanto la mia esperienza personale: gli argomenti più frequenti di conversazione nelle presentazioni sono stati la cucina, i gatti e gli amori della mia protagonista femminile nella tetralogia pubblicata con Garzanti. In realtà ho parlato di immigrazione e xenofobia, degli anni di piombo, di vecchiaia e di isolamento, di confine tra patologia e responsabilità. Se fossi stata un uomo, sospetto che avrei dovuto sudare meno per focalizzare l’attenzione sui messaggi reali, senza disperderlo negli elementi esornativi.

Come sono le nuove donne del noir odierno? In cosa differiscono dal passato?
Come ho già esposto non esiste una tipologia di scrittrice di noir contemporaneo. Sono diverse le personalità, le culture, i contesti geografici. Come elemento comune vedo una seria professionalità e un tocco di fantasia. Le donne del passato semplicemente non scrivevano noir, ma polizieschi da salotto borghese con aspirazioni aristocratiche.

La sua Ardelia Spinola è tra queste nuove protagoniste, secondo lei rappresenta le donne contemporanee?
Sinceramente non mi sono prefissata di rappresentare una categoria. Ho raccontato una figura credibile, umana, con pregi e difetti.

Rappresentare le donne attraverso figure indipendenti, forti, che non hanno timore di confrontarsi con le loro paure, crede che questo sia un modo di essere femministe (anche se non sono sicura che abbia ancora senso parlare di femminismo)?
Una figura indipendente, forte, che non ha timore di confrontarsi con le proprie paure, prima che femminista, mi sembrerebbe un po’ algida. La nostra psiche è una struttura dinamica, fluida, che impara dalle esperienze, ma non cessa di avere paura, anche della propria debolezza. Ogni giornata ci presenta difficoltà nuove con cui confrontarci, e non sempre siamo in grado di superarle. Ritengo importante creare figure credibili. La credibilità è la carta vincente di un personaggio, che a scrivere sia una donna o un uomo. Il noir può svolgere una funzione sociale, soltanto se le vicende narrate evidenziano i mali sociali o individuali con verosimiglianza.

Alcuni sostengono che per raccontare una donna occorra una donna. Crede che sia così?
Il protagonista di cinque miei vecchi romanzi era un uomo, riflessivo, abitudinario, malinconico. Non so se leggendo le pagine, i lettori si siano domandati se chi le aveva scritte fosse un uomo o una donna, perché non è un punto rilevante. Non incontro grandi difficoltà a ragionare da uomo. Molto meglio di me, figure gigantesche della letteratura hanno invertito le parti: Flaubert ha raccontato superbamente i più intimi pensieri di Emma Bovary, lo stesso vale per Tolstoj. In una società che sta tentando di alleggerire le differenze di genere, beh, cerchiamo di non rafforzarle, ma piuttosto di corroderle gentilmente.

Milanonera ringrazia Cristina Rava per la disponibilità

 

Eleonora Aragona

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