Leggere per scrivere. E per capire.

“Malgrado le differenze siano spesso più importanti delle identità e delle analogie, non sarebbe forse inutile che anche gli studiosi più avanzati nel campo delle scienze cognitive di oggi rivisitassero ogni tanto i loro antenati.

Non è vero, come si afferma in certi dipartimenti di filosofia degli Stati Uniti, che per filosofare non sia necessario rifarsi alla storia della filosofia. Sarebbe come dire che si può diventare pittore senza aver mai visto un quadro di Raffaello, o scrittore senza aver mai letto i classici.

È teoricamente possibile, ma l’artista «primitivo», condannato all’ignoranza del passato, è sempre riconoscibile come tale, e chiamato appunto “naif”.

È invece proprio quando si rivisitano antichi progetti che si sono mostrati utopici e fallimentari, che possono essere previsti i limiti o i fallimenti possibili di ogni impresa che si pretenda un debutto nel vuoto.

Rileggere quanto hanno fatto i nostri antenati non è mero divertimento archeologico, bensì precauzione immunologica.”

Il corsivo è mio, naturalmente, ma quello che avete appena letto è stato scritto da una delle menti più brillanti della nostra contemporaneità: Umberto Eco. Nello specifico, a pagina 339 del saggio “La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea”, pubblicato da Laterza nel 1993.

Non solo, a pagina 25 dello stesso saggio si può anche trovare quanto segue:

“La storia delle lingue perfette è la storia di un’utopia, e di una serie di fallimenti. Ma non è detto cha la storia di una serie di fallimenti risulti fallimentare.

Se pure fosse la storia dell’invincibile ostinazione a perseguire un sogno impossibile sarebbe pur sempre interessante – questo sogno – conoscere le origini, e le motivazioni che lo hanno tenuto desto nel corso dei secoli.”

E se si tenesse conto anche del metalinguaggio e della concezione esoterica ed essoterica della parola? Ecco ancora quanto afferma Umberto Eco, a pagina 137:

“I cabalisti sono affascinati da una sostanza dell’espressione (i testi ebraici) di cui talora si cerca di ricostruire la forma dell’espressione (il lessico e la grammatica), ma avendo sempre idee molto confuse sulla forma del contenuto che esprime.

In realtà la ricerca della lingua perfetta mira a riscoprire, attraverso nuove sostanze dell’espressione, una materia del contenuto ancora ignota, informe, densa di possibilità. Il cabalista cristiano tende sempre a scoprire possibilità di segmentare l’infinito continuum del contenuto, la cui natura gli sfugge.

Il rapporto tra espressione e contenuto dovrebbe essere conforme, ma la forma dell’espressione appare come l’immagine iconica di un contenuto informe, abbandonato alla deriva dell’interpretazione.”

Mi rendo conto che stiamo toccando il cuore stesso della concezione di scrittura e mi rendo altresì conto che si tratta di concetti profondi e complessi. Per questo motivo, ho preferito sostituire alla mia modesta esperienza l’autorevolezza della voce di Umberto Eco.

Cionondimeno, se qualcuno avrà voglia di applicare una o più frasi specifiche fra quelle citate a un argomento che abbiamo sviluppato recentemente potrà scoprire la forza dichiarativa del metalinguaggio e la sua attualità in una certa parte della moderna produzione letteraria.

Dove per “moderna”, non si intende esclusivamente “recente”.

Fabio Fracas

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