L’impero di mezzo – Andrea Cotti



Andrea Cotti
L’impero di mezzo
Rizzoli
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“Sono nato in Italia da genitori cinesi. Sono italiano e sono cinese.”

Con queste parole abbiamo conosciuto nel 2018 il vicequestore aggiunto, Luca Wu, al suo esordio nel corposo volume che non poteva che intitolarsi Il cinese (Premio Franco Fedeli 2019). Protagonista di un’indagine articolata e complessa a Roma, il nostro proveniente da Bologna, donnaiolo impenitente che non sa tenere a cuccia gli ormoni, si ritrova in rotta con la moglie che pure ama, Anna, e non sa come fare il padre di Giacomo, suo figlio, che lo ama e con la madre aspetta il suo ritorno contando i giorni. 
In quell’indagine Wu aveva affrontato le Triadi e aveva affrontato in un  duello mortale il Demone. Ne era uscito vincitore grazie alla profonda conoscenza delle arti marziali, ma anche il Demone aveva messo a segno i suoi colpi.
In questa nuova indagine in trasferta in Cina, troviamo Luca Wu ancora convalescente che accompagna i nonni materni, Bellissima Li e Forte Li a Caoping, nel villaggio di origine della sua famiglia, dove ancora vivono i parenti, così che anche lui possa ritrovare quella parte cinese di sé con cui convive da sempre insieme alla parte italiana, la terra dove è nato. 
La trama segue uno schema classico e coinvolgente. Un notissimo e ricchissimo imprenditore italiano, Carlo Grande, è morto, precipitando dal diciassettesimo piano di un parcheggio a Wenzhou, dove Wu e atterrato coi nonni, e l’ambasciata italiana, avendo saputo che il vice questore Luca Wu si trova in Cina, gli chiede di affiancare le autorità cinesi nelle indagini in corso. 
Indagini, va da sé, che riserveranno sorprese e colpi di scena.
Carlo Grande, infatti, socio fondatore della Mob-Design, nel 2010, a trentacinque anni,   fa il grande salto, trova un socio cinese, un  uomo d’affari di nome Huang Hsiang con dei trascorsi alla Huawei, approda in Cina e fonda la sua azien-
da di cellulari, la Yidali, Italian design, Chinese technology. 
Yidali è la trascrizione nell’alfabeto pinyin del nome “Ita- lia”, e racchiude le sue due anime, quella italiana e quella cinese. Lo slogan che accompagna il lancio del marchio  è: “Mei shi mei geren de – Beauty is for every- one”. La bellezza è per tutti.
Un uomo ricchissimo e di successo.
La sua morte è stato un incidente, come inizialmente si crede? 
Oppure, come sembra da uno scritto ritrovato nel suo computer, l’imprenditore ha deciso di farla finita in un momento di debolezza emotiva? 
“Le scelte portano rimpianti, e quelle sbagliate portano rimorsi. Ci sono pesi che è difficile gestire, finché a un certo punto non ce la fai più a sopportarli.”
Ma cosa c’è dietro? Debiti di gioco? Problemi di salute? Rimorsi per colpe non pagate?
Oppure c’è dell’altro, come sembra dimostrare un filmato amatoriale di un hacker che è diventato virale? Un filmato dove si intravede vede l’imprenditore prima e durante la caduta dal 17° piano. Era solo? O quelle ombre, ombre non sono? Quali e quanti interessi ci sono dietro le società di Grande, imprenditore dal fiuto d’oro per gli affari?
Il vicequestore Luca Wu è troppo cinese in Italia, ma troppo italiano in Cina e dovrà faticare parecchio per farsi accettare dai colleghi e guadagnarsi sul campo la loro stima. Da sbirro, figlio di sbirro qual è, sa che ci sono due soli modi per farsi accettare: dimostrare quanto vali e non tradire lo spirito di corpo quando un collega sgarra e rischia di pagarne lo scotto. 
“Possiamo anche prenderci a testate, ma non si gettano a mare i colleghi quando sbagliano. Perché tutti sbagliamo.”
Con questo romanzo, “L’impero di mezzo”, Andrea Cotti ci fa viaggiare nella Cina moderna e alienante e ci fa inghiottire da città mostruose che contano 35 milioni di abitanti. E se è vero,  come ci insegna Jean Patrick Manchette, che: “Il buon romanzo noir è un romanzo sociale, un romanzo di critica sociale; racconta vicende criminose, ma cerca di fornire un ritratto della società in un certo luogo e in un certo momento”, Andrea Cotti tratteggia con mano sapiente  una realtà distante eppure vicinissima, che invade ogni giorno il pianeta coi suoi prodotti, entra nelle nostre case. Una realtà, quella cinese, che è diventata terra fertilissima per imprenditori di ingegno che nell’ex impero celeste non vengono visti come nemici, ma come ulteriori opportunità per fare affari. Al punto che anche le Triadi, prima ancora che organizzazioni criminali, si definiscono organizzazioni di affari.
Il dio denaro, questo solo sembra contare e la Cina che si prepara a conquistare il mondo con la tecnologia è lo specchio dei nostri giorni. Una terra profondamente divisa, come diviso è il protagonista, Luca Wu, personaggio di cui sentiremo parlare ancora a lungo. Figlio di un poliziotto che non s’è girato dall’altra parte di fronte alle tortura di Stato, Silenzioso Wu, che ha preferito lasciare la sua madre terra, Luca Wu è cresciuto orfano di madre, della cui morte accusa proprio il padre, per averla fatta curare dalla medicina cinese in Italia, piuttosto che portarla in ospedale. Un rapporto difficile, complesso, che dà lo spunto all’autore per raccontare la Cina dal punto di vista di tre generazioni: quella di oggi di Wu, quella di ieri di Silenzioso Wu, e quella post guerra di Bellissima Li e Forte Li. 
Un uomo a metà, Luca Wu, che cerca di ritrovare la parte più autentica di se stesso, per riavvicinarsi ad Anna e riappropriarsi del suo ruolo di padre, percorrendo una terra millenaria dove le radici affondano nell’humus che ogni essere umano sa di possedere.  Una Cina magica, ricca di profumi orientali e sapori unici, ma nei villaggi un tempo rurale e silenzioso, crescono mostri ipertecnologici che producono ricchezza e annichiliscono le singole vite di miliardi di creature ridotte a meri numeri produttivi.
E il dio denaro scava abissi di solitudine tra gli uomini, sempre più circondati da beni materiali ma sempre più spogliati della propria umanità. 
Cosa resta, sembra domandarsi l’autore, di questa continua, assurda corsa all’oro?
A ognuno le sue risposte. A cominciare dal vice questore Luca Wu.

Roberto Mistretta

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