L’ironia della scimmia



Loriano Macchiavelli
L’ironia della scimmia
mondadori
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Bologna – L’Aquila A fare da prologo, cornice, epilogo ma anche filo conduttore e causa incidentale dell’avventura noir, una serie di capitoli in flash back, che ci riportano un’interpretazione della storia reale, vissuta, della seconda guerra mondiale. E nel nuovo e fragrante Macchiavelli, a buttarsi volente o nolente a capofitto in un’indagine spiacevolmente scottante sarà sempre lui, il solito Sarti Antonio sergente di polizia che aborre il fumo, maniacale per il caffè, un po’ imbolsito e acciaccato perché afflitto da una colite spastica nervosa. Stavolta gli tocca di indagare sulla scomparsa di una jeep, di un dipinto del ‘700 e di una ragazza che lo costringe a un indesiderato confronto con mondo dei poteri forti o il grande gioco, come lo chiamava Kipling. Coprotagonista: Marcella Carlotto, detta Rasputin, simpatica quasi trentenne disinibita e con il furto facile. Scenario una Bologna, diversa, mutata, forse peggiorata dagli uomini, e l’Aquila afflitta dalle mille piaghe e ruberie del post terremoto e i suoi dintorni montani. La trama segue il filo binario dei pensieri dei numerosi personaggi che entrano in scena (un grazie di cuore per il preciso elenco che compare all’inizio) ma allo stesso tempo è vista con gli occhi di un narratore esterno un po’ impiccione, sempre là, quasi una video spia che riprende cinematograficamente ogni particolare e lo racconta e dà tutte le spiegazioni con sopraffino intuito da amico, complice e psicologo. Pochi autori tengono il passo con i tempi. Macchiavelli ci riesce anche se, credo, si sfoga affibbiando al suo questurino sofferta tolleranza verso il suo cellulare che lo cerca intonando subdolamente Fratelli d’Italia e i meandri segreti del computer. Riesce a convivere con il telefono ma per il computer gli serve l’aiuto di una Salvatrice a fare da intermediaria. Per il resto, per fortuna, Felice Cantoni al volente della 28 è sempre pronto a correre in suo aiuto e Rosas veglia poco lontano con gli occhiali inforcati. Il furto di una Jeep ultimo modello al dottor Messini, l’Elegantone, raccomandato di Raimondi Cesare capo di Sarti Antonio, piomba tra capo e collo al nostro questurino, dopo il supplizio di una giornata in tenuta antisommossa per una manifestazione. E Sarti Antonio è certo di conoscere il ladro, anzi la ladra, Marcella Carlotto, detta Rasputin. La copre cavallerescamente, ma la macchina rubata nascondeva una mitraglietta e un cadavere e, non basta, pochi giorni dopo spariscono in contemporanea la nuovissima Jeep Grand Cherockee di Messini e un quadro della sua collezione che raffigura una scimmia che ride, dipinto da Francesco Malagoli. Sarti Antonio deve tuffarsi in un’indagine che lo condurrà a L’Aquila, tra presunti terroristi islamici e brutti intrighi internazionali, dove il denaro e il potere si mischiano e spargono paura e morte. Tutto pare ruotare intorno allo strano dipinto del Malagoli, un pittore secondario del 700. Ma perché mai tutti vogliono a ogni costo La scimmia che ride?

patrizia debicke

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