Occhi d’acqua – Domingo Villar



Domingo Villar
Occhi d’acqua
Ponte alle Grazie
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Avete imparato a conoscere e ad amare le storie di Domingo Villar e della sua Galizia? Avete l’occasione per una nuova immersione nelle indagini dell’ispettore Leo Caldas e del suo irruento aiutante Estévez: “Occhi d’acqua” è in realtà la prima indagine che vede impegnai i due, pubblicata da Ponte alle Grazie nel 2008 ed ora nuovamente nelle librerie con una nuova veste, a distanza di pochi mesi dalla scomparsa dello scrittore. Un primo romanzo che però contiene già tutti gli elementi che hanno fatto di Villar un autore molto amato: le atmosfere, i luoghi, le situazioni, i caratteri, il mare (quell’oceano che si insinua nelle rìa), le parole chiave all’inizio dei capitoli che, a seconda ei casi, possono essere esplicative o ingannatrici. Oltre ad una trama che scorre fluida e lenta come la vita dei galiziani, ma inesorabile, carica di ironia, ma anche di disincanto  per certi ambienti sociali, attraversati dalla vicenda.

La storia. Luis Reigosa, sassofonista dagli incredibili e irresistibili occhi color dell’acqua del mare è stato ucciso in un modo molto doloroso e decisamente perverso, oltre che inconsueto. Una modalità, quella scelta dall’assassino, che fa pensare a un delitto passionale. Nonostante qualche stranezza, come l’assenza di impronte sulla scena del delitto, o il metodo scelto per uccidere che presuppone conoscenze farmacologiche o mediche, l’indagine si indirizza verso una soluzione difficile, complicata, poco credibile e, al tempo stesso troppo lineare. Caldas si troverà ad agire in un mondo poco conosciuto, tra locali notturni e ambienti gay, cercando di tenere insieme anche la propria di vita, tra suo padre che ha deciso di ritirarsi tra le vigne lontano dalla città e il programma radiofonico che tanta notorietà gli ha dato e dove una telefonata sembra voler contribuire a ingarbugliare le acque.

Tra un meccanismo, che procede inesorabile come un orologio svizzero verso una soluzione che appare quasi predeterminata, e un inimmaginabile colpo di scena finale, Villar costruisce e tratteggia la sua Galizia, che non è mai uno sfondo sul quale far muovere i personaggi, ma è lei stessa un personaggio della storia, capace di orientare vicende e uomini, decisioni e abbandoni, amori e scalate sociali. La vicenda è gialla con una solida trama, appassionante e sorprendente quanto basta, ma all’interno, come sempre nei libri di Villar, c’è molto di più. Si va dall’indagine psicologica dei personaggi alla loro collocazione nello scacchiere della società galiziana, dalla diversità al sentirsi inadeguati, dall’amore alla sete di soldi e di potere, dai valori di un mondo che sembra finito, scomparso, che vogliono farci credere che non esista più alla realtà che non è per forza becera e truculenta, ma può annidarsi in una nebbia o nel profumo del mare, per poi liberarsi in tutta la sua bellezza.

Un romanzo da non  perdere, sia per chi ha apprezzato i due precedenti libri, sia per chi vuole scoprire atmosfere e vicende poco presenti nel panorama giallo internazionale. Peccato che i libri di Villar rimarranno soltanto tre. Anzi, un vero delitto: autore, il destino.

Michele Marolla

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