Omicidio al civico 7 – Angelo Marenzana



Angelo Marenzana
Omicidio al civico 7
TimeCrime
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Con Omicidio al civico 7 Angelo Marenzana torna in libreria. Da anni, con la sua scrittura, colta e corposa, ci ha abituati bene. Ancora una volta con Omicidio al civico 7 sceglie il percorso del giallo storico, ma ambienta la sua trama in un’ epoca speciale tuttora messa in discussione, nel ventennio o meglio nel 14° anno dell’era fascista. E più in particolare a maggio del 1936, subito dopo la sfacciata guerra di conquista in Africa e proprio alla vigilia della proclamazione dell’impero. Una storia di intrighi e delitti, in un’Italia che va con incosciente presunzione a cacciarsi nella tragedia della seconda guerra mondiale, che riporta in scena il suo commissario Bendicò, uomo di poche parole e dall’ironia affilata. Lo stesso Bendicò che, più anziano di quattro anni (1940), avevamo già incontrato in L’uomo dei temporali. Siamo ad Alessandria, il 5 maggio 1936, quando una telefonata in piena notte sveglia il commissario Augusto Bendicò dal suo breve e tormentato sonno pieno di incubi. Un uomo stanco, provato emotivamente e ancora incapace di dimenticare l’inattesa tragica e recente morte della moglie per difterite. Dall’altro capo del telefono un brigadiere lo informa che la poco più che ventenne Eleonora Picchio, brava cantante anzi la “stella” del Cavallino Bionco, il celebre locale della città, è stata trovata senza vita nel portone di un palazzo al civico numero 7, abbandonato contro una scalino. La ragazza non aveva con sé la borsa. L a successiva analisi autoptica stabilirà che la morta ha il collo spezzato di netto, ma anche che era incinta di tre mesi. Eleonora Picchio, figlia di un rispettabile fornaio cittadino, era conosciuta da tutti come una ragazza per bene, che non si prestava a confidenze e pettegolezzi. Faceva con professionalità il suo lavoro di cantante e basta. Bendicò nota subito che si tratta della seconda morte di una donna in meno di un mese. Circa quindici giorni prima infatti, Matilde Carbone – sorella di Tullio, ricco possidente locale, ricercato per lo scandalo provocato dal fallimento della sua agenzia degli investimenti che ha coinvolto mezza città e uccel di bosco da mesi- è precipitata in piena notte dalla finestra di casa sua. Insomma un dramma nel dramma. La sua morte è stata archiviata come un incidente, ma secondo Bendicò e il dottor Silvero, i corpi delle due vittime presentano delle analogie… E le scene dei fatti si prestano a diverse interpretazione. C’era troppo disordine nella stanza della presunta suicida o caduta per disgrazia e la sistemazione a terra del corpo della cantante, sdraiata compostamente quasi fosse in posa, mal si presta a una rovinosa caduta. E poi, tanto per dire, entrambe hanno il collo spezzato di netto. C’è una relazione tra le due morti ? Un caso spinoso, che il collega e primo commissario Di Lauro, ha subito scaricato sulle spalle di Bendicò, invitandolo a lasciare da parte scartoffie e uffici ai quali l’hanno relegato i mesi di sofferta vedovanza e tornare al lavoro come un poliziotto vero. In questura tira una brutta aria. Con tutti: funzionari, gerarchi di partito e polizia segreta in fermento perché la guerra in Etiopia è agli sgoccioli e la vittoria dell’Italia andrà festeggiata alla grande. Tutti sembrano d’accordo nel voler mettere la sordina alla faccenda e archiviare entrambi i casi come fatalità. Ma il commissario Bendicò si incaponisce, lui è deciso ad andare fino in fondo nell’inchiesta grazie anche al sostegno del dottor Silvera. A complicare le cose però, in questa torbida vicenda in cui si mischiano politica, molta passione e tanto denaro rubato, aleggia minacciosa l’ombra del regime e dei suoi riti. Anche De Lauria si tira indietro, mentre il questore Zappia cerca di smontare ogni traccia, pista o idea del commissario perché ha deciso che il caso sia “da chiudere”, insomma sia pronto per l’archivio. In breve tutto deve passare in secondo piano, rispetto ai successi coloniali del regime e alla sua roboante retorica, e nessun assassino, o presunto tale, deve poter turbare la serenità delle famiglie. Solo Salerno, ispettore dell’ufficio politico (la tristemente famosa OVRA), che sta incollato alle costole di Bendicò vorrebbe trovare i frutti delle sue indagini: insomma vuole che la verità deve venga a galla. Anche se poi… Strano personaggio Bendicò, umano, un uomo normale con le sue paure e le sue preoccupazioni, da sempre un carattere ostico, scontroso, oggi anestetizzato dal dolore e perseguitato da un’insonnia che pare invincibile. Un uomo che convive con il fantasma di Betti, la moglie morta, con la quale intesse immaginarie conversazioni. Quasi come se lei fosse ancora là a spronarlo e sostenerlo nel bene e nel male. Una specie di angelo custode consigliere pronto a guidare le sue azioni o forse la sua costante presenza è il modo per Bendicò di convivere con la sua perdita? E ora, infatti pungolato dalla “Betti” e coadiuvato dalla sua spalla e complice, il medico legale Silvera – segretamente apolitico come lui, cosa dura da reggere in quegli anni di prevaricazione – Bendicò deve andare oltre e ricomporre i frammenti di un caso inquietante e sfuggente, ma proprio quando le indagini sembrano davanti a un muro, la sua testardaggine, vero punto di svolta della situazione, porterà gli eventi a sfociare verso un emozionante e coinvolgente finale. Omicidio al civico 7 è un buon giallo, strutturato su due piani narrativi in cui Marenzana amalgama in un indovinato mix: una classica e molto tradizionale detective story e un’umana storia personale di riabilitazione. Il cammino verso la verità, infatti è legato a doppio filo al percorso di Bendicò nell’elaborazione del lutto. Solo con la risoluzione di questo caso Bendicò raggiungerà finalmente l’affrancamento dalla tirannia dei ricordi e riuscirà a marcare un confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti.

Patrizia Debicke

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